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«

La

società industriale

costituisce una realtà e si può creare cultura

appunto in rapporto a quello

che è la società del proprio tempo,

in modo da portare un contributo

a far sì che questa

esprima effettivamente una civiltà»

Giulio Einoud':

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Ho con me una citazione che non è su Torino, ma

sulla società inglese del XVIII secolo, che ora leggo:

«

La monarchia può a volte non essere priva di gusto

come quella francese di Luigi XIV e Luigi XV, ma

concentra ogni cosa a corte come l'unico centro rico–

nosciuto della moda e dei lumi. L'aristocrazia inglese,

invece, non aveva un solo, ma cento centri, sparsi per

tutto il paese nelle

«

dimore dei gentiluomini

»,

ognuno

irradiante amore delle lettere e buon gusto in modo

da compensare grandemente la decadenza dell'insegna–

mento nelle università ufficiali e del gusto alla corte

hannoveriana. Giorgio II mostrava interesse unicamen–

te alla musica di Hiindel; ma ciò non contava perchè le

funzioni del mecenatismo erano ormai passate a mi–

gliaia di altri individui anche se la vita dell'arte non

dipendeva ancora dal consenso di milioni

».

Questa analisi è di Trevelyan, un grande storico in–

~lese:

essa conferma che lo sviluppo della cultura,

Il suo massimo fiorire si verifica colla moltiplicazione

dei centri di cultura in contrapposizione ad un unico

centro, che oggi chiameremmo di trasmissione delle

informazioni. Ora assistiamo qui a Torino alla pre–

valente verticalità di trasmissione delle informazioni,

cui consegue una mancanza crescente di contestazione

a livello politico, culturale e ideologico, una man–

canza

di

decentramento e di spontaneità delle ini–

ziative. Il condizionamento della vita cittadina alla

grande impresa, la mancanza di «cento centri irra–

dianti amore delle lettere» fa sì che a Torino «la

vita dell'arte non dipenda dal consenso di milioni ».

La funzione degli intellettuali

Per ottenere benefici positivi dalla informazione, di

cui Peccei lamenta la carenza, occorre agire alla rove–

scia, stimolando l'informazione non tanto verticale

quanto orizzontale. Stimolare la formazione di una

cultura nuova , spontanea, cosciente, questo è il pro–

blema centrale. Perchè fioriva una cultura nella To–

rino operaia di Gramsci e di Gobetti? Perchè a quel

tempo c'era ampio dibattito, lotta, contestazione e

non acquiescenza al mito del benessere.

In questa situazione oggettivamente mutata, ritengo

che la funzione degli intellettuali, delle case editrici,

della Università, diventi di primaria importanza. Essi

devono farsi garanti della autonomia della cultura ri–

spetto alle forze politiche organizzate, di fronte a qual–

siasi centrale di potere - quelle centrali cui il mio

interlocutore precedente accennava:

il

potere infatti,

per non opprimere, deve fare i conti con le forze at–

tive e catalizzanti della cultura. Non propongo perciò

una maggiore integrazione tra cultura ed industria, ma

una liberazione della cultura dalla pressione vinco–

lante della civiltà industriale e, attraverso a questa,

una IÌberazione dell'uomo, nel senso più moderno e

civile del termine.

Giuseppe Gross o:

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cio è ,

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alfe rllla: 'one

del l'uoIRo"

Ora possiamo. fare il punto di quanto detto, per ri–

lanciare la seconda parte della discussione.

Sentendo i vari interlocutori, che pure hanno preso le

mosse da posizioni diverse, credo di poter dire, a ri–

schio di usare una espressione abusata, che si può vera–

mente constatare una

concordia discorso

Se giustamente Abbagnano è partito dalla consta–

tazione che oggi cultura si crea appunto là ove si è

sviluppata la società industriale, in questa constata–

zione c'è il fondamentale rilievo che è inutile piangere

su quella che è la società del proprio tempo. Questa

società costituisce un dato, una realtà; e si può creare

cultura appunto in rapporto a quella che è la società

del proprio tempo, e cioè in modo da portare un con–

tributo a far sì che questa effettivamente esprima una

civiltà. Ma non è con i lamenti e col pianto su quello

che è lo sviluppo di quella società che si può creare e

fare la cultura.

Del resto mi pare che in questo rilievo sia venuto a

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