

rispetto a quello che la vecchia cultura ha potuto fare,
rispetto cioè al molto più lento e più insicuro proce–
dere della cultura tradizionale.
Non è del resto tutto un male perchè molte volte la
cultura precede, molte volte segue il progresso delle
innovazioni tecniche, nel senso che le porta dal con–
tingente pratico alle idee generali e ne esprime in real–
tà i valori essenziali. Però questo senso di arranca–
mento si riflette in una città sia pure molto caratteriz–
zata come la nostra Torino . Indubbiamente ha ragione
Abbagnano quando dice:
«
che cos'è questo" deve "?
».
Ognuno di noi ha delle responsabilità per cui ciascuno
di noi in proprio e soltanto in proprio deve collabo–
rare e fare la sua parte, fare quello in cui crede.
Un'esigenza nuova
In una città che ha la Fiat, in una città in cui non
si parla più un linguaggio solo cittadino; in una città
quindi ove vi sono problemi non più italiani, ma eu–
ropei e del mondo intero, è chiaro che la cultura debba
essere almeno alla stessa altezza. Non si tratta più di
una piccola casa artigiana, o di una piccola azienda
che ha
il
linguaggio del paese, ma è una grossa azienda
internazionale che costringe ad un linguaggio interna–
zionale, quindi anche la cultura ha
il
dovere di ade–
guarsi a questa esigenza.
In che modo si può attuare questo? Credo che
il
punto
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«La via dei mezzi della comunicazione sociale,
come la via dell'istruzione scolastica
e dell'aggiornamento culturale,
resta solo una alternativa alla più vera
liberazione dell'uomo
che va attuata internamente ai sistemi
di vita e di lavoro»
più felice lo abbia toccato
il
professor Abbagnano
quando ha detto che unico modo è quello del plura–
lismo, cioè in una città dove la Fiat condiziona la vita
di centinaia di migliaia di persone, se si avessero più
numerosi strumenti culturali, noi avremmo una mag–
giore condizione di libertà , che è la condizione della
cultura.
Non ricordo in quale occasione, e il dottor Peccei
non si adonti, mi venne fatto di dire che, era verissi–
mo, la Fiat era il cuore di Torino, ma che cosa sa–
rebbe successo se questo cuore si ammalava? Ecco
quindi la ragione per cui non potendo creare ad arte
altre industrie per ricambio di un cuore che si ammala,
è indubbio che la cultura ha bisogno di creare stru–
menti plurimi, numerosi strumenti da collocare sem–
pre nell'ambito di giuste contestazioni; perché queste
contestazioni sono una vera esigenza di libertà.
Ci
sono già gli strumenti per questo? Direi che si
stanno formando e si formeranno per forza. lo credo
che la cosa più importante non sia tanto di portare
la cultura alla classe lavoratrice, quanto di spingere,
stimolare la classe lavoratrice a crearsi la propria
cultura.
Sarà una cosa utilissima anche per quella cultura di
maggiore livello e di maggiori pretese la quale ne sarà
certamente beneficata.
Vorrei dire una sola cosa che può sembrare ingenua
e degna del vostro sorriso, ma certamente don Bon–
gioanni mi sorriderà più benevolo.
Noi parliamo di città industriale con un carattere
molto particolare.
Ma la città industriale come qualunque altra città è
formata di certi valori che anzi l'industria cambia e
trasforma.
Quando si vuole affrontare un problema di questo
genere anche per una città industriale e massima–
mente per una come la nostra, io mi porrei sempre
questa domanda: che tipo di uomo vogliamo creare?
Un certo tipo di cultura
lo ricordo che quando venne fuori la questione del
latino, se doveva o no essere ancora insegnato, a un
tale quesito mi venne da rispondere: che uomo volete
creare? Volete un servo, un conformista, oppure un
uomo energico, oppure molle, che ami la guerra o la
pace, un uomo fiero e dignitoso oppure rassegnato?
Serve a questo tipo d 'uomo
il
latino?
E così mi pare di poter rispondere oggi circa
il
pro–
blema della cultura in una città industriale. Anche se
vi può sembrare che sia un po' fuori proposito la cosa,
non lo è affatto. La città industriale è formata di uo–
mini che l'industria spinge e contrae nel tempo stesso
e anche anima.
Quale è
il
rapporto che auspicate voi fra l'uomo,
il
cittadino, il lavoratore e quell'industria che lo condi–
ziona?
Che tipo di uomo volete? Questo bisogna anche pen–
sare quando si vuole un certo tipo di cultura.