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ma non sono particolarmente qualificato a parlarne.

Il primo problema è invece quello che mi interessa

come studioso.

È

il

problema che si avverte e diventa

impellente nella fase avanzata di industrializzazione

che la nostra città sta ora attraversando.

È

il problema

non solo della creazione culturale cioè della produ–

zione scientifica, letteraria, artistica, ma anche della

assimilazione della cultura da parte di strati crescenti

della popolazione, della fruizione di essa come ele–

mento formativo della personalità dei cittadini.

L'autonomia della cultura

Indubbiamente, per rispondere a questa seconda esi–

genza la condizione essenziale è l'autonomia della cul–

tura. Solo una cultura che si può sviluppare in modo

autonomo, cioè in diverse direzioni e senza essere bloc–

cata in molte di esse, riesce a venire incontro alla dispa–

rità delle esigenze, dei gusti, degli interessi e a diffon–

dersi negli strati diversi della popolazione. Parlo di

autonomia, ma non parlerei di autonomia

«

assoluta

»)

perché nel mondo umano non esiste un nulla di

assoluto. Condizionamenti e limiti dell'attività cultu–

rale ci sono sempre stati e non hanno impedito che

in certe epoche (come nel Rinascimento italiano) que-

«

Il problema non

è

tanto di portare la cultura

alla classe lavoratrice, quanto di stimolare

la classe lavoratrice a crearsi la propria cultura»

sta attività desse frutti mirabili. Ma una autentica ed

efficace autonomia della cultura si può ottenere sol–

tanto col pluralismo dei centri delle iniziative e dei

poteri finanziari, economici e politici. La divisione

dei poteri cioè il pluralismo degli organi preposti alle

attività fondamentali dello Stato

è

stata, ai principi

dell 'età moderna, l'idea politica fondamentale che ha

condotto alle forme democratiche dello Stato. Uno

Stato che possedesse ed esercitasse direttamente tutti

gli strumenti di produzione tenderebbe certo a negare

o impedire il pluralismo delle iniziative culturali. La

sola garanzia, limitata e parziale quanto si voglia, ma

efficace che il mondo culturale oggi possa ottenere per

j'autonomia delle sue creazioni, è il pluralismo dei po–

teri e delle iniziative in tutti i campi delle attività

umane: pluralismo tuttavia non anarchico, ma suscet–

tibile di coordinazione e disciplina.

Per quello che riguarda più da vicino la nostra Torino,

essa attraversa oggi la fase tipica della rapida trasfor–

mazione industriale con tutti i problemi e le difficoltà

relative. Credo che l'isolamento della città di cui ha

parlato il dottor Peccei sia stato rotto da un pezzo.

Nella città di Torino si mescolano oggi gruppi umani

di provenienza, di tradizioni, di costumi diversi . Nono–

stante tale diversità arrivano a convivere civilmente,

senza conflitti insolubili.

Quale forma di cultura sarà più adatta e più gradita

a questa popolazione, quale deve essere la

sua

cultura?

In questa domanda, il difetto sta nel

«

deve ». Se la

cultura è autonoma e se solo questa autonomia può

renderla abbastanza plurima, flessibile e ricca di mo–

tivi da venire incontro alle esigenze più disparate,

il

«

deve » è fuori posto.

Strumenti numerosi ed efficienti

Ciò che gli uomini di cultura devono fare è non

mancare le occasioni di cultura che sono ad essi of–

ferte dagli uomini tra i quali vivono e ciò che devo–

no fare coloro che sono preposti all'amministrazione

degli strumenti di cultura è quello di rendere questi

strumenti sempre più numerosi ed efficienti.

Ma non possiamo certo né dobbiamo proporci que–

sto o quel tipo di cultura come sarebbe questo o quel

gusto artistico o questa o quella dottrina o questo o

quell'indirizzo di pensiero o di ricerca . Come indivi–

dui, potremo respingere ciò che non risponde alle no–

stre esigenze o ai nostri gusti e disinteressarci di esso.

Come uomini di cultura, dovremo accettare ciò che ci

piace e ciò che non ci piace, il nuovo e il vecchio, lo

stravagante e il serio, perché non sappiamo né possiamo

prevedere ciò che uscirà dagli sforzi combinati di tutti

noi e dalle scelte di ognuno.

F.-anco ilnton'ce"':

" •••10

'at'ca ans'osa naa

estre."..anaente penosa

che sena"ra avere,

an:' ha, lo cultura

a

tenere

.1

passo

d'etro alla naoderna

tecn'ca e al rap'do

progresso tecnolog'co

e 'ndustr'ale"

Si trova una certa difficoltà nell'andare avanti nel di–

scorso, dato che

il

problema si presenta in una com–

plessità piuttosto vertiginosa e inquietante, perchè è

un problema che investe la nostra vita, la nostra co–

scienza e la realtà.

Ha ragione Peccei di notare, da uomo di cultura ma

che vive particolarmente nell'industria, la fatica an–

siosa ma estremamente penosa che sembra avere, anzi

ha, la cultura a tenere il passo dietro la tecnica e il

progresso tecJ;lico. La realtà è proprio questa.

Se il mondo è attraversato da una grossa crisi è sem–

plicemente perchè la tecnica è andata molto avanti

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