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confluire, portandosi su un'altra visuale di princzpz,

anche don Bongioanni, quando dice: « prendiamo la

tecnica come affermazione spirituale, come elemento

spirituale, come elemento determinante, e, qualche

volta, condizionante

».

E qui vi è un altro aspetto che

dovrà costituire un punto fondamentale nella seconda

parte della discussione, cioè la valutazione di questo

elemento condizionante nella formazione e nello svi–

luppo della cultura.

Prime conclusioni

Su questo punto si sono anche incontrati nell'essenza

del loro dire, sia Peccei che Einaudi; il primo sotto–

lineando l'esigenza della comunicazione dell'informa–

zione e di una maggiore rapidità e pienezza di queste

comunicazioni; ritengo che egli abbia anche voluto af–

fermare che debba essere una pienezza tale da dare una

rapidità e una completezza in modo che l'informazione

non diventi solo uno strumento di potere il quale, mo–

nopolizzando gli strumenti dell'informazione, possa

monopolizzare l'informazione stessa, sia esso un certo

potere politico o economico, sia un qualsiasi potere

ideologico.

La pienezza dell'informazione, e l'esigenza della oriz-

Aurelio

Peccel:

" ...dobbi,a:rno pensare

elle lo nostra Torino,

ci,ttà Industriale,

deve

.nserlrsl

seDlpre

più

nel grandi

HUDlI,

nelle g ...andl correnti

della cultura U1ondlale.

Sta

Inlattl

sorgendo

una società Dlondlale"

lo ho ricavato da quello che è stato detto dai colleghi

prima di me due osservazioni principali, e dopo di

queste vorrei dire qualcosa su due condizionamenti

della parola cultura.

Le due osservazioni principali sono che la cultura

nasce e prospera nelle grandi città; in esse soltanto

possono sorgere i centri di eccellenza che hanno va–

lore trascinante e che portano avanti tutto il sapere e

la conoscenza dell'umanità. Ed è giusto.

Secondo: bisogna però che questa cultura permei e di–

venti cultura diffusa nella città industriale, particolar–

mente in relazione ai lavoratori, quelli che vivono

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zontalità accanto alla verticalità, è puramente un ele–

mento di perfezionamento degli strumenti, che deve

contribuire a far sì che la civiltà della tecnica sia

un'affermazione culturale nel senso umanistico, lato,

cioè di affermazione dell'uomo .

Mi pare di constatare un incontro, riassunto in sintesi

da Antonicelli. Parlando di cultura, nel senso di mani–

festazioni di arte, scienza, letteratura e di tutto quello

che si raccoglie intorno a queste manifestazioni, il

punto di confluenza sta nel contribuire alla formazione

di una civiltà.

Quello che qui ci occupa e ci preoccupa, è quanto ha

affermato Antonicelli, cioè che Torino ha una sua po–

sizione speciale nello sviluppo di città industriale; e

quindi vi pregherei di tenervi anche attinenti a questo

problema, non nel senso che se ne debba fare un pro–

blema locale, campanilistico, ma nel senso che questa

città, in cui viviamo e a cui si rivolge la rivista che

ospiterà la nostra discussione, è un centro che ha una

sua fisionomia, e in cui questi problemi si pongono più

specificamente.

lo non ho bisogno di stimolare la discussione; ho vo–

luto soltanto trarre delle prime conclusioni e avviare

/.1

seconda parte della discussione . Possiamo riprendere

il giro secondo l'ordine precedente, perchè ciascuno

possa trarre le proprie conclusioni e dire ancora quello

che ritiene si debba proporre per lo sviluppo della

vita culturale di T orino.

tutta la vita nella città industriale. Anche su questo

siamo d 'accordo.

Fatte queste premesse vorrei dire: ma che cosa è effet–

tivamente la cultura di cui parliamo?

È

stato detto che essa ha una dimensione diversa da

quella implicita in una accezione precedente; essa ab–

braccia ora anche la scienza, la tecnica, la tecnologia,

che sono manifestazioni possenti e travolgenti della

nostra civiltà attuale, e ne fanno anzi parte.

Dimensione universale

Vorrei dire che questo significa semplicemente spo–

stare con un gioco di semantica il problema che stiamo

esaminando.

Vediamo piuttosto se all'interno della cultura non vi

siano due squilibri.

Vi è questa ala portante nuova della cultura, è vero,

ma vi è - e qui posso essere in errore - in me la

impressione che la cultura umanistica in senso tradi–

zionale sia un po' troppo basata sulla storia delle cono–

scenze, del sapere dell'uomo; essa è retrospettiva, è

un enorme e meraviglioso patrimonio da conservare e

da sfruttare; e però questa parte umanistica, tradizio–

nale della cultura in realtà non si sposa oggi con la

nuova cultura, tutta spostata verso il futuro.

Dirò ora cinque parole in inglese che caratterizzano

che cosa è la cultura oggi e perchè è separata dall'al–

tra: research, budget, brand, broadcasting, marketing.

Non vi deve essere questo distanziamento, questa sepa·

razione fra la vera cultura, profonda, universale, e

l'altra che si modifica continuamente; non vi dovrebbe

essere più posto per una nozione meccanistica e fun–

zionalistica della cultura.

Vorrei ancora dire che oltre a questa dimensione uni–

versale, che deve avere la cultura guardando all'avve–

nire, non soltanto riferendosi al passato, vi è un'altra

dimensione che è di ordine spaziale. Dobbiamo pen–

sare che la città industriale, la nostra Torino, deve im–

mettersi sempre più nei grandi fiumi, nelle grandi

correnti della cultura mondiale. Sta emergendo una

società mondiale. Sta emergendo una società mondiale

con dissensi e tensioni, ma c'è una serie di movimenti,

al di là delle frontiere, che rendono molto più vicine

fra di loro le popolazioni del mondo di quanto non

siano oggi le strutture politiche che le inquadrano.

Questa nostra cultura, di cui dobbiamo dotare di più

la

nostra città industriale, deve avere anche questa

dimensione, non solo più italiana, europea, deve sa–

persi portare sul piano di una visione internazionale.

Dico questo perché in genere il Piemonte, fervido

com'è di idee e di iniziative, è rimasto per varie ra–

gioni un poco fuori da certe determinate correnti. Sia

la città industriale, sia l'iniziativa industriale che deve

vivere nei mercati, nei contatti continentali, al di là

dei continenti e degli oceani, sia la città industriale

3

sviluppare questa seconda dimensione di universalità e

di globalità.

Nicola Abbagnano:

" •••11

problenaa che

s. avverte nella 'ase

avaR:ata

di

Industrlall::a:lone

·è

quello

della asslnalla:lone

della cultura da parte

di

strati

crescenti

della popola:lone"

Vorrei tenere distinti i due diversi problemi che si

sono intrecciati nella nostra discussione. C'è

il

pro–

blema del rapporto della cultura con la città indu–

striale e c'è

il

problema degli strumenti di cultura di

cui una città industriale dispone.

Su questo secondo problema, siamo tutti d'accordo

che la nostra città dovrebbe disporre di più numerosi,

di più efficienti e più capillari strumenti di cultura.

Ma quali questi strumenti dovrebbero essere e come

dovrebbero agire è problema cui sono interessato come

cittadino di Torino (per quanto non nato a Torino,

amo questa città e me ne considero cittadino elettivo)