

l' capo'a"oro de' Lanfranchi
fu eretto ne' cuore stesso
d e"o
città,
ne' centro propu's.ore
secoli
di
di Torino
storio
nella Chiesa propria della Città con ogni sontuoso
apparato e concomitante del coro. Alla cui devotione
universale havendo voluto Madama Reale contribuire
li singulari offici della sua esemplarissima pietà tnter–
venne la sera alla processione del Santissimo portato
dall'Eminentissimo Arcivescovo. Restò per conse–
guenza maggiormente honorata la fontione di questa
cerimonia della lapide dall'assistenza di S.A.R. e illu–
strato il decoro e raddoppiata l'applauso e la conten–
tezza de li cittadini».
Il discorso del «gazzettiere» seicentesco ci sembra
assai interessante ai nostri fini per svariati motivi :
perchè ci consente in primo luogo di stabilire che
l'odierna sede delle civiche magistrature torinesi si
erge sul medesimo sito di un edificio preesistente,
adibito ad identiche funzioni, ed in secondo luogo, di
prendere atto che cotesto stabile era già stato inte·
gralmente demolito prima del giugno 1659, in ot–
temperanza ad un piano di
ricostruziQn~
nito con
minuzia in ogni dettaglio.
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Lealismo dinast ico
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Riterremmo opportuno, infine, dir qualcosa anche
della lapide, composta in purissimo idioma latino
con parole del Tesauro, lapide che, ci scommette–
remmo, essendo murata alla destra del portale di in–
gresso del palazzo passa innosservata alla maggior
parte dei nostri concittadini, abituati a frequentare ·
frettolosamente e distrattamente gli uffici comunali,
quasi sempre sotto l'assillo del disbrigo di prosaiche
e tediose pratiche burocratiche.
Rileggiamola insieme:
ALMA DIE SEXTA IUNII
MEMORABILI DIVINI CORPORIS MIRACULO
SACRA
AUGUSTA TAURINORUM
URBANUM PALATIUM
JUCUNDISSIMA REGII CONIUGII SPE
SPECIOSUS REDIVIVUM
HAETERNO HOC LAPIDE
AETERNAE FIDELITATIS AC PIETATIS TESTIMONIUM
INAUGURABAT
MDCLIX
e ci accorgeremo di trovarci di fronte ad un eloquen–
te documento di lealismo dinastico, offettoci dai De–
curioni della Città, i quali, in certo modo, si imme–
desimavano nella tormentosa ossessione della duches–
sa Reggente, Maria Cristina di Francia, la prima Ma–
dama Reale , ormai vecchia e stanca, ansiosa di tro–
vare una moglie conveniente per l'unico figlio ma–
schio sopravvissutole, destinato in un futuro ormai
prossimo ad assumere saldamente le redini dello
Stato, cui troppe volte anteponeva la naturale incli–
nazione verso le feste sfarzose e le avventure galanti.
Ed infatti il problema di ammogliare il giovane duca
Carlo Emanuele
II,
(passato alla storiografia aulica col
soprannome di « Adriano»), si presentava assai intri–
cato e complesso, a dispetto dei molteplici ed ufficiosi
« sondaggi» effettuati presso le più importanti Corti
d'Europa. Quasi tutte le possibili candidature erano
naufragate l'una dopo l'altra. Nulla si era perciò con–
cluso con Maria Teresa di Castiglia, (destinata poi a
salire sul trono di Francia), né con la figlia di Gastone
di Borbone-Orlèans, Anna Maria Luisa di Montpen–
sier, detta la « Grande Mademoiselle » ('), donna av-
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