Table of Contents Table of Contents
Previous Page  415 / 762 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 415 / 762 Next Page
Page Background

sahariano

del Sacco la parte superiore, non separabile dal resto, del

diluvium antico;

l’andamento generale delle masse superficiali e pro­

fonde a cono di deiezione ci dimostra l’unità loro pel meccanismo di

formazione e la durata lunghissima del fenomeno creatore. È giusto

il notare come l’autore abbia qui separato il cono di deiezione del Mal-

Ione da quello della Stura, separazione che non risultava da’ suoi pre­

cedenti lavori.

Il

Sacco distingue diversi periodi del

sahariano,

durante il quale le

correnti avrebbero inciso il

diluvium antico

e formato diverse terrazze,

sgombrato lo sbocco attuale della Stura dalle masse

diluviali

, scoperte

le rocce che poco alla volta scavate dal torrente presenterebbero un alveo

più stretto e profondo, con

marmitte di giganti

ai fianchi; queste

mar­

mitte

furono descritte dal Virgilio in un lavoro pubblicato nel 1882 negli

Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino

su dati in gran parte

da noi raccolti. In massima nulla abbiamo ad obbiettare contro l’enun­

ciato del Sacco sul

periodo sahariano

e sul

terrazziano ;

il primo per noi

corrisponderebbe al periodo durante il quale si costrussero altrove coni

di deiezione

recenti,

il

diluvium recente,

come per la valle della Riparia

ed altre ;

diluvium recente

che fu poi a luoghi intaccato all’apice dai

ghiacciai invadenti la valle padana.

Al

terrazziano

risponderebbe il

periodo postglaciale

durante il quale

le correnti scavarono con restringimenti successivi e terrazzamenti gli

alvei attuali. Nonostante il gran rispetto che abbiamo per le opinioni

del Bruno non ammettiamo la formazione di un cono di deiezione

re­

cente

per la Stura di Lanzo.

Ancor nel 1888, ma prima del lavoro ultimo esaminato, il Sacco pub­

blicava per cura della sezione biellese del Club Alpino Italiano uno

scritto intitolato :

I terreni terziarii e quaternarii del Biellese

, esten­

dendo l ’area di studio al

bacino morenico

di Ivrea ed alle colline fino a

Cuorgnè sulla sinistra dell’Orco. Abbiamo già avuto occasione di citare

questo lavoro nella descrizione dei terreni

cenozoici

della provincia di

Torino. In esso l’autore attribuisce al

piacentino

i lembi

intramorenici

di Pransalito e di Borgomasino; in questo solo sono perfettamente visi­

bili le marne argillose bluastre di questo piano geologico; non ci

occuperemo dei lembi più ad Est nel Biellese ed oltre. L

'astiano

gene­

ralmente vi è a tipo maremmano littoraneo, cioè

fossaniano;

in altri

termini si ripete qui quello che già constatammo per regioni più ad

Ovest, l’autore riferisce al

pliocene

terreni

quaternarii.

Però a Vivario, Bagnasso, e Val Mora, cioè presso lo sbocco della

Malesina, l’autore avrebbe trovato

potenti banchi sabbioso-marnosi gial­

lastri, con interstrati grigiastri

,

che possonsi ancora riferire al vero

DEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI TORINO

391