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dotto alle formazioni

quaternarie, diluvium antico

e

diluvium recente;

ma quelle regioni trovansi fuori e distanti dall’area che ci occupa.

Dall’ispezione poi della carta annessa a questo lavoro risulta come

il Sacco non abbia afferrato la distinzione marcatissima tra il

diluvium

antico

che in lembi è annidato sulle basse falde alpine, o trovasi an­

cora in isole, lembi perduti nella pianura, ovvero forma ancora coni im­

ponenti come quello della Stura di Lanzo, ed il

diluvium recente

che

costituisce i veri coni di deiezione, caratteristici, tipici,

preglaciali,

come

quello della Dora Riparia. Ma di tale argomento ci proponiamo di trat­

tare in apposito lavoro. Ha indicato come

terrazziano,

il

diluvium re­

cente

dell’Orco, a destra della Baltea,

extramorenico,

mentre segnò come

diluvium

la piattaforma Agliè, San Giorgio ed anche più a Sud che è

sincrona col cono di deiezione dell’Oreo, prodotto però della valle di

Aosta. Non crediamo poi di poter ammettere quella breccia o rotta

mo­

renica

che segna alla Motta tra il lago di Candia e Tonengo, mentre

ivi il

morenico,

per quanto depresso, assai caratterizzato si eleva a 276

metri dai 248 a Tonengo e 227 al lago di Candia. Ma ripetiamo che

tali fatti esamineremo meglio in uno speciale lavoro.

Tanto nella descrizione dei terreni

quaternarii

della provincia di

Torino, quanto nella discussione delle conclusioni del dottor Sacco noi

non abbiamo creduto di dover cambiare sistema di nomenclatura, e se­

guendo l’esempio del nostro defunto maestro, il Gastaldi, ed obbedendo

a nostra convinzione, abbiamo mantenuto quei nomi i quali indicano la

natura del fenomeno produttore della formazione,

diluvium

per i terreni

prodotti da correnti potentissime sull’inizio del

quaternario, alluvioni

od

diluvium

per quelli prodotti da meno poderose correnti e dopo il

periodo glaciale, morenico o glaciale

pei terreni di cui l’origine è do­

vuta ai ghiacciai antichi ben più espansi oltre i moderni limiti.

Senza giudicare per ora dell’opportunità della creazione di nuovi ter­

mini rispondenti a nuovi piani geologici, i quali talvolta hanno una

importanza molto e molto limitata, a noi pare che si abusi dell’impiego

di una moltiplicità di nomi desunti da località ove in nessun modo han

potuto formarsi terreni che poi sono con essi nomi indicati, nomi che

d’altra parte non esplicano il modo di costituzione, e non indicano i fe­

nomeni produttori dei terreni, rendendo così la scienza geologica sempre

meno accessibile a quelli che, pur dotati di un rilevante grado d’istru­

zione generale, non sono molto addentro nei penetrali di essa scienza.

Noi troviamo che per una scienza, per quanto trattata in modo ele­

vato, si debba sempre cercare di renderla intelligibile; ciò che non si

ottiene nè colla esagerata molteplicità delle divisioni di piani geologici,

nè con eccessivo frazionamento, nè coll’impiego di nomi convenzionali, la

DEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI TORINO

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