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P E R T I NA C E , I M P E R A T O R E S U B A L P IN O

S

econdo notizie discusse, ma, per altro, general­

mente considerate degne di fede, P. Elvio Per­

tinace nacque il i ° agosto 126 d. C. presso Alba

Pompeia, in una proprietà materna. Suo padre lo

fece educare da un grammatico greco, e poi entrò

nella carriera militare, divenendo comandante di

coorte sotto l’imperatore Antonino Pio, prestando

servizio in Asia Minore, in Britannia e in Mesia.

Entrato nella burocrazia equestre, ebbe un ufficio

di procuratore imperiale nell’Italia

settentrionale, poi fu prefetto

della flotta romana sul Reno.

Ritornato nella burocrazia fu nuo­

vamente procuratore in Dacia.

Con Marco Aurelio ritornò nel­

l’esercito con maggiori incarichi

(169 d. C.); poi fu nominato se­

natore e ammesso nel rango pre­

torio; nel 1 7 1 assumeva per la

prima volta un comando di le­

gione e combattè contro i Ger­

mani. Nel 175 diveniva console

con Didio Giuliano continuando

la sua carriera militare in Siria,

sul Danubio, come legato in Mesia,

in Illiria, e in Dacia, e per due

anni fu governatore della Siria.

F.ra

giunto, modesto borghese,

tiglio di un liberto, ai gradi mas­

simi della normale carriera militare, alla ricchezza,

agli onori. La sua vita non ha, per circa ses-

sant’anni, nulla di particolare: è il progredire

verso le maggiori affermazioni consentite dalla ordi­

naria carriera di un ufficiale distinto, serio, sulla

cui vita militare, civile e privata non si ha nulla di

particolare da notare. Si può quasi dire che egli

rappresenta il tipo medio dell’alta ufficialità romana

del tempo degli Antonini, proveniente dal popolo,

salito grado a grado a quei fastigi cui, nel tempo

repubblicano, si giungeva soltanto attraverso alla

lotta politica, grazie alla liberalità dell’impero che

premiava il merito, senza tener conto, malgrado le

resistenze dei pregiudizi di casta, della oscura nascita

o della modesta condizione.

Durante la permanenza di Commodo sul trono,

Pertinace si era già ritirato a vita privata, colpito

dall'onnipossente prefetto dell’imperatore, Tigidio

Perenne; ritornato nel settentrione d’Italia, si dedicò

all’industria patema del legname, acquistò molte

terre nei paesi liguri, e per alcuni anni (182-185)

considerò probabilmente finita, e non ingloriosamente

finita, la sua vita al servizio dello Stato imperiale.

Nel 185, caduto Tigidio Perenne, Commodo volle

richiamarlo in servizio, e dopo avergli dati alcuni

importanti incarichi, prima in Britannia, poi come

delegato all’annona, infine come proconsole in Africa:

con una ulteriore promozione, fu nominato prefetto

dell’Urbe e, nel 192, per la seconda volta console.

Alla fine del suo anno consolare, il 3 1 dicembre 192,

Commodo cadeva ucciso per una congiura di corte

diretta dal prefetto del pretorio

Leto, e i congiurati, assassinato

l’imperatore, si presentarono a

lui, che temeva volessero coin­

volgerlo nel destino di Commodo,

e invece gli offrirono la corona

imperiale. Il giorno successivo,

i ° gennaio del 193, a circa 66 anni

di età, Pertinace veniva eletto dal

Senato imperatore dei Romani.

Così, in un mom<

irti-

colarmente difficile della storia

dell'impero, dopo il dominio tem­

pestoso e combattuto di Com­

modo in cui si spegneva la glo­

riosa serie degli Antonini, Perti­

nace giungeva al trono per un

intrigo politico e per una con­

giura. Lontano com’era dalla

grande politica, quasi sembrava

un simbolo delle virtù mai smentite nei secoli dalla

gente subalpina, fedele al suo dovere, temprata nel

servizio civile e militare dello Stato, preoccupata

più del proprio dovere che d ’ogni intrigo politico: ed

erano anche in lui le tipiche caratteristiche dell’età

degli Antonini, di quegli imperatori decisi nel compito

di formare una classe di governo nelle classi superiori

dell’impero senza fonie una casta chiusa e chia­

mando a farne parte coloro che più si distinguevano

per i meriti di carriera e di servizii, elevando e rin­

novando

così il potere di una

classe

senatoria che,

senza aver più

nulla a che

fare con l’antica,

ne rin­

frescava

e rinverdiva le

tradizioni.

La monarchia,

sotto

Commodo, aveva

cercato

di ritornare ad un

tentativo di maggiore accentramento di poteri nella

autorità

centrale e nella persona ddl'imperatore;

la identificazione dell’imperatore con Ercole, il favore

dato

alla guardia pretoriana, tutte le duettive a

noi note

della sua azione politica, deformata nei

racconti delle tradizioni ostili, d rivelano la ten­

denza a dare un maggiore peso e un maggiore pre­

stigio alla potestà imperiale.

D a u t a o M h ca—«r»ala a ri C ivica Maaw

d i arie a stica r i In g ran d ita q aattro volta

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