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ARIANNA GRANDE

La fanciulla pittrice

D

al 20 ottobre al i° novembre scorso è stata rac­

colta nelle sale del «Faro »una pubblica Mostra

personale (la prima della stagione) della più giovane

forse fra le pittrici piemontesi: di Arianna Grande

nata il 13 agosto del 1919, figlia secondogenita di

Giovanni Grande autore, fra l’altro, nel nostro Museo

Civico di quel

Filosofo

che tutti conosciamo.

In una signorile e nitida monografia distribuita

al numerosi e compiaciuti visitatori della Mostra

con l’elenco delle opere esposte (ben 81),

Emilio

Zanzi

l ’ha cortesemente presentata al pubblico, av­

vertendo subito che la Grande, la quale è una fan­

ciulla bionda, nervosa e un po’ strana, dagli occhi

melanconici, celesti, miopi, non è per fortuna uno di

quei

mostri

che si chiamano fanciulli prodigio e che

preparano invariabilmente alla famiglia, ai critici ed

al pubblico le più tremende delusioni.

Ed infatti, nè l’ignara fanciulla, nè i suoi, credono

od hanno in mira — e non ebbero mai neanche in

pensiero! — alcun che di ciò.

Pittrice d’istinto, autodidatta benché figlia di un

artista espertissimo di ogni tecnica pittorica, la

nostra Arianna dipinge schiettamente e senza nulla

inventare ciò che vede — o che almeno le par di

vedere— della natura attraverso il suo temperamento,

che vedremo in seguito quanto sia sensibile e squisito.

lo

che l’ho conosciuta bambina di pochi anni e

che, per la fraternità di affetto che mi lega al padre

suo, ho avuto la facilità di seguirla quasi giorno per

giorno nel suo sviluppo, posso far fede di quella

fiamma interiore non alimentata altrimenti che dalla

sua passione e dal suo ardore pittorico.

Arianna Grande si è rivelata pittrice con la spon­

taneità. l’inconsapevolezza e la fatalità con le quali il

fiore, in un dato momento, esce fuor della boccia, o

l ’acqua sotterranea si apre una via

ed esce impetuosa fuor della terra ;

che nè il padre nè l’attenta madre

sua: la signora Ines di cui esi­

stono pure ammirate plastiche

tradotte in lucenti ceramiche da­

gli stabilimenti Lenci

(VAngelus,

l

’Uomo che beve,

ecc.) non inte­

sero mai attribuire

(nemo pro-

pheta in pairia!)

soverchio rilievo

alle sue fantasie puerili, ai suoi

disegni spontanei di bambina; nè

soffiarono mai sulla sua fiamma

e neanche, direi quasi, si compiac­

quero mai eccessivamente delle

pur non comuni sue disposizioni

per quell’Arte che in famiglia è

professione e culto insieme.

Solamente la scuola comune

(l’Arianna frequenta ora il Gin­

nasio),un po’ di musica e di lavori

donneschi, dovevano occupare —

per intanto — la sua mente e le

sue ore.

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