

ARIANNA GRANDE: LA FANCIULLA PITTRICE
e sono di quell’anno senz’altro
Paese in grigio, Sole
malato, Grangie in alta montagna,
ecc., esposte ora
al «Faro » e che furono notate con tanto interesse
e dal pubblico e dagli artisti.
Ciò che
prende
subito nell’osservatore un po’ at
tento dell’opera già vasta della giovane artista e che
lo stupisce, è come la nostra possa, pur così fanciulla
ancora, già intendere e manifestare col suo pennello
l’ampiezza della natura, la solitudine delle immense
distese, l’umiltà di una
baita,
la poesia di un piccolo
pascolo, il murmure di un ruscello...
Non solo: il paesaggio che essa riproduce è bensì
reale; ma quella stessa realtà, attraverso l’anima
sua ed il suo temperamento e trasformata dalla
sua immaginazione, acquista di un subito un non
so che di poetico, di romantico, direi quasi di re
ligioso che meraviglia veramente, ci commuove e
ci vince.
Pochi alberi neri contro un cielo plumbeo, un
tetto rosso, un pezzo di prato, possono costituire
senz’altro per la Grande una visione di alta dramma
ticità; come il motivo più tenue nell’arte spiritualis
sima della giovinetta si trasforma subito in una vera
opera di poesia perchè la sua pittura nasce veramente
e spontaneamente dall’anima, dalla sua anima gio
vane e pura dinanzi alle cose eternamente giovani e
pure della natura.
Nelle sue pitture che sono ancora di piccole di
mensioni noi vediamo pertanto sempre il
quadro
cioè quell’insieme costruito, architettonico di masse
e di volumi perfettamente equilibrato e quella piena
rispondenza dei toni che felicemente sposati alle forme
ci dànno precisamente quel
momento
poetico e mistico
della natura cui accennavo poc’anzi.
Sull’opera di questa pittrice quindicenne si po
trebbe ben scrivere la parola, semplice, ma pur molto
significativa:
Ordine
; in quanto la sua pittura è pre
cisamente il risultato di un felice equilibrio interiore,
la fusione armonica cioè dell’ordine spirituale con
quello materiale.
La materia pittorica è sempre ricca, come è
sempre nutrita la pennellata, ed ardita senza osten
tazione sicché tutte le cose vivono la loro particolare
vita animale vegetale o minerale sotto cieli profondi
ed alti come altari.
Alla Mostra del «Faro » ho visto qualcuno
del
mestiere
osservare con meraviglia gli smalti che
questa fanciulla ha saputo ottenere distendendo sem
plicemente il colore senza ripassare mai sulla pennel
lata e mi è parso che fosse stupito per la profondità
dei toni ottenuti pur con tanta semplicità.
Pittura che non è, infine, decisamente di nessuna
epoca pur potendo essere di qualsiasi tempo (taluni
strappi di nubi lacerate dal vento sono senz’altro di
chiara ispirazione Fontanesiana) ; per quanto una
certa tendenza ad esaltare i volumi ed a sintetizzare
certe macchie (unica ricerca, una preoccupazione
della pittrice, come già dissi, il tono e
Yinvisibile
del
paesaggio) rivelino nella Grande una indubbia, ma
sobria aderenza alla pittura del suo tempo.
VITTORIO BERNATTI