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P O R T I C I E G A L L E R I E A T O R I N O

Le fiere di p lan a Castello - Vittorio Alfieri nel p a la n o del eonll Villa In

p la n a San Carlo - Via Po e I suol spettacoli - D a p lan a Milano a lle caserme

di via del Carmine - La p la n a P a la n o di Città e le antiche abitazioni del

Savoia - P ia n a Vittorio

m

> senza portici f - Il caffè dove si lece II primo espe­

rimento d’illuminazione a gas * A Porta Nuova - P la n a Statuto • La ga lleria

Natta e II caffè della Meridiana - Il soggiorno torinese di Federico Nietzsche

- Il mercato delle comparse In Ga lleria Subalpina - Le Gallerie Nazionale

e Umberto I.

S

i è recentemente aperto e inaugurato, a due anni

appena dall’inizio dei lavori, il primo tratto di

via Roma coi portici. I torinesi hanno visto così

realizzarsi quella che per vari lustri fu una loro ar­

dente aspirazione: il completo risanamento della più

centrale fra le arterie cittadine. Resero possibile in

sì breve tempo la benemerita e coraggiosa opera le

personali incitatrici premure del Duce e l’alacre fer­

vore spiegato dall’Autorità municipale, nonché da

quanti con essa collaborarono. Ora che i nuovi por­

tici, ampi e scintillanti di luce, fiancheggiati da su­

perbi negozi, sono mèta simpatica e animatissima

d’una folla di visitatori, può riuscire interessante

una rapida rassegna di tutti i principali portici e

passaggi coperti esistenti in Torino.

I

primi a sorgere furono i portici di piazza Ca­

stello, tra le vie Barbaroux e Palazzo di Città,

costruiti a partire dal 1615, su disegno dell’archi­

tetto orvietano Ascanio Vittozzi, per ordine di Carlo

Emanuele I che incominciava così la sistemazione

e allargamento della piazza, fino allora angusta e

ingombra di piccoli fabbricati diversi, tra cui, di­

nanzi all’odierno Palazzo Reale, una caserma e l’an­

tica fabbrica d ’armi. Sei lustri più tardi, per inizia­

tiva della famiglia San Martino d’Agliè di San Ger­

mano, sorgeva l'intero isolato compreso tra via

Roma e Accademia delle Scienze; ma circa un secolo

dovè passare prima che, sotto il regno di Carlo Ema­

nuele III, si edificasse il palazzo delle Segreterie di

Stato, ora Prefettura, completando in tal modo il

giro de' portici, interrotto solo dalla cancellata della

Reggia e dalla Basilica di San Lorenzo.

È noto che i portici di ponente, fino alla metà del

secolo scorso, furono detti

della fura,

appunto per

le due fiere che vi si tenevano ogni anno, in passato,

una a Carnevale e l'altra durante la solennità della

SS. Sindone. Meno noto è che l’organizzazione di

queste fiere si doveva alla menzionata famiglia di

San Germano, la quale ne aveva ottenuta la facoltà

dal duca Vittorio Amedeo II con patenti 4 maggio

1685. Del conseguito privilegio era memoria in una

lapide, ancora qualche decennio fa visibile infissa al

moro, sotto i portici. In qualunque epoca dell’anno,

però, sembra che la piazza, dal più al meno, fosse

teatro d’una fiera permanente, se ascoltiamo i com­

pilatori di guide e gli indagatori di costumi locali,

che in proposito ci hanno lasciato fiorite descrizioni.

Tra gli altri, il Craveri — nel 1753 — scriveva:

in piazza Castello «sono continuamente ciarlatani,

astrologi e cavadenti »: un elenco che equivale a

una pennellata bastevole a suscitare dinanzi agli

occhi tutto il quadro; senza contare, a sera, lo spet­

tacolo de’ burattini con l’ùnprovvisata baracca di

cui parla anche il Brofferio ne’

Miei tempi.

I

portici da ricordare immediatamente dopo

per attenerci all’ordine cronologico — sono quelli

di piazza San Carlo, cominciati nel 1644 con la co­

struzione del palazzo di proprietà allora del marchese

Turinetti di Cambiano, all’angolo di via Ospedale.

Questa piazza, costruita su progetto dell'architetto

Carlo di Castellamonte, era già voluta da Carlo Ema­

nuele I, ma la sua realizzazione, continuata durante

il regno di V'ittorio Amedeo I, non s'intensificò se

non sotto la reggenza di Madama Cristina. Le due

file di portici a colonne binate si completarono in

pochi anni. Nel secolo successivo, al tempo di Carlo

Emanuele III, gli intercolonni, per precauzione, fu­

rono riempiti con muro, sembrando che la pietra di

Gassino dei sostegni separati «tendesse a sfaldarsi »

ed essendosi prospettato il pericolo che le agili co­

lonne non fossero sufficienti a sostenere il peso degli

edifici. Guadagnarono in forza, ma, così chiuse,

perdettero in bellezza. In quell'occasione si appli­

carono fra arco e arco i trofei militari, degno orna­

mento che valse in qualche modo a compensare

l’alterazione subita dalla snella e leggera architet­

tura originale.

L’ultimo tratto di portici verso la chiesa di San

Carlo sorregge il palazzo già dei conti della Villa,

quindi dei conti Avogadro di Collobiano, dove, fra

il 1774 e il 1777, Vittorio Alfieri scrisse le sue

tre

prime tragedie, come ricorda una lapide apposta

per decreto del Comune sul lato della via che a

Ini

s'intitola. Il fiero astigiano trascorse lì il periodo

più

disordinato e più importante della sua giovinezza:

quello che decise del suo avvenire. LI seppe

metter

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