

DI NOSTRADAMUS E DI UNA SUA POCO NOTA ISCRIZIONE
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(Parigi - Drparicracnt d n EnU apctl
tere i suoi (fedeli, vicini) (cara circondato) dal sangue
e dalle ferite (delle vittime); serrato da vicino dai
suoi nemici, dovrà la sua salvezza ad ignoti (cioè per
intervento soprannaturale) (e sfuggirà ai colpi di)
quattro (i congiurati Orsini, Pietri, Rudio e Gomez).
I
commenti citati, a parte gl’inevitabili stirac
chiamenti dimostrano una sorprendente concordanza
fra profezie ed avvenimenti consacrati in seguito
dalla storia. Ora, come lo scopo della profezia è lo
svelare l’avvenire, così, per la quasi totalità dei
commentatori, la sua funzione si limita, in pratica,
alla oziosa conferma del passato. Nostradamus lascia
intendere di aver scritto solo per i pochissimi eletti
a comprenderlo ed interdice agli altri l’interpreta
zione spicciola dei suoi presagi: «Coloro che leggono
questi versi — egli scrive (45) — ci riflettano lunga
mente, il volgo profano ed ignorante non se ne
accosti, indietro gli astrologi (46), gli sciocchi, i
barbari; colui che opera altrimenti sia maledetto
secondo i riti ».
Egli ha qui preveduto, sicuro profeta, quante e
quali assurdità avrebbero fatto scaturire dalle sue
macchinose quartine le ancor più macchinose elucu
brazioni dei posteri.
Ed
(Ha,
una domanda assai ardua si formula
nella nostra mente: come giunse Nostradamus ad
ottenere le sue profetiche visioni?
Secondo quanto dichiarano la maggior parte fra
i suoi commentatori, e, larvatamente ci dice lui stesso,
il metodo usato per stabilire i presagi, tenuto debito
conto delle indispensabili attitudini personali, è ba
sato sull’indagine astrologica (47), completata dalla
interiore
illuminazione raggiunta odia
meditazione
e con operaanni magiche. Nel 500 l’astrologia, col
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tivata come necessario complemento deU’astronomia,
della medicina e delle scienze in genere, non era
contrariata dalla Chiesa, mentre la pratica della
magia poteva richiamare la non benevola attenzione
della Santa Inquisizione vigilante al chiarore dei
roghi ardenti. Nostradamus, amico del quieto vivere
quanto della religione, nella lettera di prefazione
alle Profezie, diretta al figlio Cesare, scrive (48):
«e sopratutto non abbandonarti alle seduzioni della
più che esecrabile magia, già riprovata dalle Sante
Scritture e dai canoni della Chiesa, da cui bisogna
pertanto escludere i pronostici tratti coll’astrologia
giudiziaria, mediante la quale, ed in grazia ad una
ispirazione e rivelazione divina, mista a profondi
calcoli, ho io stesso composte e redatte per iscritto
le mie profezie », e nell’Epistola ad Enrico
II
di
chiara «che tutto viene da Dio » e glie ne rende
«grazia, onore e lode immortale». Ma come già
abbiamo notato, l’interpretazione esatta dei presagi
è riservata a pochissimi iniziati e ad essi sono vero
similmente dirette le Quartine I* e II» della I* Cen
turia (49), nelle quali l’autore accenna al tripode di
rame ed al bacino colmo d’acqua usati nei remoti
riti sibillini, ed all’azione del sottile spirito del fuoco.
*
A notte alta, nell’ampio laboratorio denso di
ombre, Nostradamus, circondato dallo strano arma
mentario che la tradizione assegna al mago di pro
fessione, osserva la posizione degli astri, ne misura
gli aspetti, coordina i loro influssi e li annota con
gravità.
L ’incessante borbottar di fumiganti pentole in
tente a cuocere chissà quali miracolosi intrugli,