

DI NOSTRADAMUS E DI UNA SUA POCO NOTA
L
'attività di Nostradamus nel campomedico fu certo
notevolissima, specialmente nella lotta contro
la peste, ma, senza le Profezie, il suo nome sarebbe,
tutt'al più, citato in qualche storia particolare della
medicina; solo attraverso la più conosciuta e la meno
comprensibile e compresa fra le sue opere, il celebre
dottore astrofilo provenzale appare nel suo aspetto
universalmente noto e più intimamente vero.
Edite per la prima volta a Lione nel 1555 da
Macé Bonhomme, le
Prophéties
ebbero un rapido e
vasto successo che richiese in pochi anni numerose
ristampe (1556, 1557, 1558, 1560, ecc.). L'interesse
rivolto al libro non diminuì nè colla morte del suo
Autore, nè col passare di anni e di secoli, cosicché le
edizioni delle Profezie si susseguirono quasi ininter
rottamente fino ai giorni nostri: il dotto Le Pel-
letier (26) afferma che il loro numero supera l'ottan
tina. Fra di esse assai pregiata è quella stampata a
Troyes da Pierre Chevillot, molto curiosa è una con
traffazione dell’edizione di Lione 1568 fatta a Parigi
nel 1649; in essa furono aggiunte quartine apocrife
non troppo benevole per il Cardinal Mazzarino;
molto corretta, completissima e rara è l’edizione
stampata a Torino nel 1720 dai librai Reycends e
Guibert. Le terzine profetiche sono precedute da
un profilo dell’autore tratto dalla
Première face du
Janus Franfais
de Jean Aimes de Chavigny disce
polo diretto di Nostradamus; un’altra interessante
edizione (27), stampata al principio dell’800 a Salon
chex l’imprimeur de Nostradamus
senza indicazione
di data nè di editore, reca, intercalate alle altre,
dodici quartine apocrife contenenti chiare allusioni
alla politica napoleonica; la più recente ristampa è,
ch’io sappia, la bella riproduzione ingrandita della
edizione di Amsterdam 1668, eseguita a Parigi nel
1927 a cura delle
Editùms Adyar.
Le predizioni, esposte in quartine e sestine di
rima a ritmo spesso assai discutibile, sono scrìtte
secondo le regole della sintassi latina, in una lingua
astrusa e contorta, irta di parole ebraiche, greche,
latine, spagnuole, italiane, celtiche e provenzali.
I simboli e le analogie, di solito oscure ed inconsuete,
che adombrano avvenimenti e persone, le mutila
zioni e gli anagrammi (28) che celano nomi di luoghi
e di personalità, i frequenti richiami storiò, mitolo
gici ed astrologici, ed infine l'assenza di ordine cro
nologico e di afferrabili indicanoci di tempo e di
luogo, ne rendono difficile la lettura e pressoché
impossibile l'esatta e totale interpretazione.
Nostradamus, del resto, non si preoccupa di for
mulare con chiarezza i suoi pronostiri e nell'Epistola
ad Enrico II posta a prefazione della 2* parte delle
rroiene, le
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29
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«sentenze astruse e per-
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pagnato da furor poetico die po’ regola di poesia •;
egli si considera profeta di razza (30), si vanta di
scendente dalla tribù d’Issachar (31), fondata dal
nono figlio di Giacobbe, tribù che ebbe in dono per i
suoi componenti il potere di predire l’avvenire (32),
e nella stessa Epistola dichiara (33): «Se volessi
mettere ad ogni pronostico l’indicazione del tempo,
potrei farlo, ma non
a
tutti sarebbe gradevole appren
derla,
nè facile interpretarla, (e non lo farò) fino a
che
Vostra Maestà
mi
abbia rilasciato ampia facoltà
di far
dò, per non dar pretesto ai calunniatori di
mordermi », e, quasi a riprova del suo asserto, indica
più avanti (34), con una pcedsmne impressionante la
data 1792 principio dell'èra repubblicana, come
l'inizio di una nuova epoca.
Ma la fedenella propria sdenta nonaccecaNostra-
damus; egli non attribuisce ai suoi presagi il vaiare
di indicaxioui assolute ed
au d a
di fronte alla fatalità sono in azione le forte aaodcft-
catriri della volontà individuale e collettiva (35),
ed a questo proposito, con una aiw fw a cne avreooe
dovuto far riflettere molti commentatori, agli di*
chiara (36): «Per quanto concene fl futuro non vi
è «r i** interamente detatmiDaia », ad
• In quanto a noi, cks 1
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