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DI NOSTRADAMUS E DI UNA SUA POCO NOTA ISCRIZIONE

d'en guérir, aussi la singultire recepte de l'oint dont

usoit l'Empereur Maximilien premier du nom.

Ma

altre opere ha in progetto, e, malgrado l’aggravarsi

della gotta, vi lavora alacremente.

L’anno 1564 segna il trionfo di Nostradamus.

Ottenuta con l’editto di Amboise (1563) un'appa­

rente pace religiosa, Re Carlo IX, accompagnato

dalla Regina Caterina e dalla corte, intraprende in

quell’anno (1564) un viaggio nelle sue terre pacifi­

cate ed a Salon una grande notizia riempie di gioia

il cuore esacerbato del profeta solitario: i Sovrani

desiderano consultarlo e si tratterranno nella città

a tale scopo.

Il giorno 17 ottobre essi vi fanno ingresso, accolti

con grande solennità dai Consoli e dal popolo esul­

tante. Il Re richiede subito di Nostradamus, lo fa

salire a cavallo e con lui percorre le strade addob­

bate, passa sotto agli archi di trionfo per attestargli

pubblicamente, al cospetto degli ignari e dei maligni,

la sua alta considerazione; alla sera lo invita a corte

e riceve con lui la sua numerosa famiglia (24). Il

giorno dopo, durante un lungo colloquio colla Regina,

Nostradamus predice il trono all’undicenne Enrico

di Navarra, il futuro Enrico IV.

Carlo IX lascia Salon il 18 ottobre; la improvvisa

piena del Rodano lo arresta ad Arles otto giorni, e

nel frattempo egli vi chiama Nostradamus che

ancora una volta è interrogato dai Sovrani; essi,

prima di congedarlo, gli consegnano una vistosa

somma di denaro e gli conferiscono il titolo di Medico

e Consigliere ordinario del Re, con gU annessi emo­

lumenti, prerogative ed onori.

Cori l’astrologo provenzale è ampiamente vendi­

cato dell'ostilità e del disprezzo dei suoi concittadini.

Essi ora riconoscono il valore della sua scienza e lo

circondano di grande rispetto e venerazione, ma è

troppo tardi; la gotta, e più ancora l’idropisia, abbre­

viano i giorni al vecchio scienziato, ormai logoro di

corpo e stanco di spirito: i famigliali e gli amici gli

prodigano le più sapienti ed affettuose cure, ma nulla

può ormai arginare il progressivo aggravarsi del male;

egli sa che la sua fine è vicina, ed

osserv

a serenamente

approssimare implacabile l’ora dell’estremo trapasso.

Esso avviene il 2 lugUo 1566 verso le tre del

mattino.

Nostradamus è trovato dai famigliali adagiato

su di una panca, come pare avesse predetto, col

corpo ancora tiepido degli ultimi effluvi vitali.

Ecco la sua persona quale la descrive molto viva­

cemente il contemporaneo ed allievo Jean Aimes de

Chavigny (25): «Di statura un poco minore della

media, egli era di corpo robusto, agile e vigoroso.

Aveva la fronte ampia ed aperta, naso diritto e

regolare, gli occhi grigi, e lo sguardo dolce diventava

nell’ira, fiammeggiante; il viso era severo e ridente

di guisa che con la severità si vedeva in esso con­

giunta una grande umanità: aveva le gote vermiglie,

rimaste tali fino alIVtà estrema, la barba lunga e

folta, la salute buona e gagliarda, se ne escludiamo

la vecchiaia, e tutti i sensi acuti e completi. Di

spirito vivo e facile al comprendere, possedeva sot­

tile il giudizio e la memoria felice ed ammirevole;

taciturno per natura, parlava poco e pensava molto,

opportunamente discorrendo in tempo e luogo. Pel

rimanente, era vigilante, pronto, subitaneo alla col­

lera e paziente nel lavoro. Non dormiva più di

quattro a cinque ore, lodava ed amava la libertà

di linguaggio, era giocondo, faceto, e mordente nel

riso... Nè voglio dimenticare ch’egli si esercitava

spesso alla pazienza, ai digiuni ed all’elemosina;

aborriva il vizio e lo puniva severamente ed era

molto liberale e caritatevole verso i poveri ».

Terminati gl'imponenti funerali celebrati fra

l’unanime cordoglio, la salma è murata nella chiesa

dei Cappuccini; sulla pietra tombale la moglie fa

incidere un appropriato epitaffio e più tardi il figlio

Cesare vi poserà la copia di un ritratto da lui ese­

guito nel 1561

Nostradamus ha ordinato in vita che la sua

mortale spoglia sia collocata in piedi: essa è così

posta in un localo praticato nello spessore della

muraglia, fra la grande porta e l’altare di Santa

Marta.

Egli vuol essere in piedi in morte come lo fu in

vita. In piedi di fronte al mondo, a sè stesso ed

all’al di là, in attitudine di vigilanza e di attesa?

0 col suo consueto esprimersi per enigmi, non

intende forse significare con ciò che morire non è

giacere, dissolversi, sparire, ma ancora e sempre un

rinnovato vivere, procedere, evolvere?

Questo concetto pare racchiuso in una curiosa

leggenda popolare sorta alla sua morte: essa narrava

che l’insonne veggente, in pieno fervore d’opera, si

era fatto rinchiudere vivente nella tomba, con una

lampada accesa e dei libri, — ed ammoniva: Chi

turberà la sua pace sarà punito di subitanea morte.

Nel 1791 i sanculotti razionalisti, probabéfanente

per accertare la veridicità del racconto e la fonda­

tezza della minaccia, demolirono la chiesa.

1 resti profanati di Nostradamus sono ora rac­

colti in San Lorenzo a Salon.