

DI NOSTRADAMUS E DI UNA SUA POCO NOTA ISCRIZIONE
tori professanti in quella Università considerano con
diffidenza ed ostilità le opinioni ardite ed innovatrici
esposte dal giovane allievo, e, solo dopo averlo sotto
posto ad esami particolarmente difficili, gli conferi
scono, col pittoresco cerimoniale allora in uso, i titoli
accademici. Al neo dottore non mancano successi e
notorietà e gli studenti lo reclamano e lo ottengono
Professore all’Università. Ma Nostradamus, assetato
di scienza e propenso più ad imparare che ad inse
gnare, abbandona ben presto la cattedra e nel 1531
riprende i suoi viaggi.
Percorre nuovamente Provenza e Linguadoca,
ed è a Tolosa, quando Giulio Cesare Scaligero lo
chiama ad Agen presso di sè.
Il giovane medico accoglie di buon grado l’alto
invito e si reca nella celebre città episcopale. Il quo
tidiano contatto col famoso umanista veneto, mera
viglia del suo tempo per l’ingegno multiforme e la
vasta coltura, e la frequentazione dei dotti che gli
fanno corona rendono assai gradito a Nostradamus
il soggiorno ad Agen. Un matrimonio felice, presto
allietato dalle gioie della paternità, lo fìssa nella
ricca città. L’amicizia che egli testimonia al medico
Filiberto Sarrazin, noto partigiano dei riformati,
insospettisce la Santa Inquisizione, cosicché, a scanso
di guai, Nostradamus si trasferisce per breve tempo
a Lione. Cessati i pericoli, ritorna ad Agen e riprende
il suo normale ritmo di vita uniforme e tranquillo,
un poco borghese ed un poco provinciale, diviso fra
le cure famigliali, lo studio e le incombenze profes
sionali. Passano così circa quattro anni di calma
operosa e proficua.
Improvvisamente una tragedia spezza l’incanto.
La morte in pochi giorni strappa a Nostradamus
la moglie ed i due figli.
Per il valoroso medico che ha confortato colla
sua pietà e curato colla sua scienza i più strazianti
dolori, le più ripugnanti infermità e che tanto spesso
nella quotidiana lotta faccia a faccia, corpo a corpo
colla morte, ha fatto trionfar la vita, lo schianto è
terribile.
Egli non può reggere allo spettacolo del focolare
devastato e deserto ed abbandona Agen (1538?)
sede di troppi cari ed angoscianti ricordi.
Accompagnato dal suo dolore, riprende, pelle
grino del sapere, i suoi inquieti e dotti vagabondaggi.
Attraversa la Francia, poi l’Italia fino alla Sicilia,
attratto dalla lama e dalla dottrina dei Grandi che
illustrano il nome della nostra bella terra nel campo
della medicina ed in quelli dell’astrologia e dell’al
chimia.
Nel 1539 t a Bordeaux, nel 1543 visita l’Abbazia
d’Orval, nel 1544 si reca a Marsiglia per studiarvi
la peste ivi scatenatasi Nel 1546 anche Aix in Pro
venza ne è infestata con inaudita violenza: una depu
tazionedimaggiorenti della città, raggiuntaMarsiglia,
invita Nostradamus già celebre, a prestare la prodi
giosa opera sua. Egli vi accorre ed il suo «w flp» e
la sua scienza troncano la moria: la
presenta ricchi doni al medico salvatore, ma egli.
BhflW
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con alto senso di umano sentire, li fa distribuire
ai poveri.
Nel 1546 la peste, quotidiano, sinistro incubo
di quei fortunosi tempi, chiama ancora Nostradamus
a Salon, e nel successivo anno a Lione ed in entrambe
le città per opera sua, il contagio è vinto.
Nostradamus ritorna allora a Salon, prende di
mora in una casa, ancor oggi visibile, del quartiere
Ferreiroux, ed alla fine del 1547 passa a seconde
nozze con la ricca Anna Ponsard, vedova di certo
Giovanni Beaulne.
Il matrimonio non tronca però il
suo amore
ai
viaggi, cosicché nell’anno seguente
(1548)
lo
troviamo
a Venezia, poi a Genova ed alla fine
del 1548 è a
Savona. Ivi avvicina Antonio
Vigerchio,
komme de
bien,
e lo
celebra
nel suo
Trititi des Fardementi
come
l’unico apoticario
capace di preparare in modo per
fetto
certo sciroppo rosato lassativo, e confeziona
per
la
moglie di Messer Bernardo Grasso e per la
fidanzata di
Messer
Giovanni Feriino
da Carmagnola
un
miracoloso unguento
di
sua composizione, capace
di far scomparire in una sola notte le
(efelidi) dal viso.
Press'a poco alla stessa data passa per Milano:
in quella città traduce dal latino in francese la saccs-
lenta descrizione di un banchetto <sontuoso a ponti*
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