

Ecco, in corrispondenza di Chivasso, il castello
che appartenne ad Adalberto II Re d’Italia. Lo ere
ditò il figlio Ettore Guglielmo che, nel 10 19 , lo donò
ai Monaci Fruttuari dai quali passò poi al Vesco
vado d ’ Ivrea e, nel 1227, in investitura ai Marchesi
di Monferrato per essere, in seguito, proprietà dei
Principi di Acaia. Castello e terre furono, nel 1620
dati in feudo ai Trabucco di Castagneto, l’ultimo
discendente dei quali, intendente di Re Carlo Alberto,
li vendette nel 1864 alla famiglia Ceriana da cui pas
sarono, per eredità femminile, alla Contessa Fè
d ’Ostiani, attuale proprietaria.
Ancora più imponenti, dal lato panoramico e
storico, appaiono altri due castelli : la rocca di Verrua-
Savoia che nel 1705, quando Chivasso con la sua
eroica resistenza, agli ordini del Duca di Savoia,
aveva a lungo trattenuto i Francesi nella loro marcia
su Torino, sostenne un epico assedio; ed il castello
di Camino, il quale oggi ancora offre nel suo magni
fico interno la ricostruzione perfetta di una ambien
tazione medioevale.
Il
pomeriggio è già parecchio avanzato quando un
fumigare di acque ci annuncia la diga di Casale
ed i fumaioli della industre città affiorano sulla
sponda piatta. Il traghetto di questa diga, imponente
per lo sviluppo ed il salto della corrente, si effettua
per via d ’acqua con magistrale manovra di un indi
geno specializzato in questo compito delicato.
A valle, i canottieri casalesi ci attendono e ci
salutano con un triplice « alalà! ». Da questo istante
siamo loro ospiti, avvolti in una atmosfera di cor
tesia e di cameratismo che culmina con un ballo
serale nella loro sede accogliente. In tale riunione
la bellezza femminile casalese, giustamente cele
brata, si afferma in modo trionfale, tanto che gli
Ulissidi, disciplinati ma recalcitranti, a malincuore
obbediscono al segnale di ritorno dell’ing. Merlonghi,
il brillantissimo vice presidente della « Esperia »,
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salgono sul torpedone che in meno di due ore fa loro
rifare, in direzione inversa, il cammino che le imbar
cazioni avevano effettuato in circa dodici ore. Ma
con quanta minor poesia!...
EDOARDO ROGGERI