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GIUSEPPE BARATTA: IL CAVALIERE SENZA CAMICIA

Vale la pena di leggere qualche saggio di questa

epigrammatica torinese caustica, sottile e non mai

volgare.

Un pittore espose in Borgonuovo un quadro del

Presepio in cui mancava il somaro ma, in compenso

si poteva benissimo ravvisare, in uno dei pastori,

l’autore noto a Torino:

Entro il Presepe esposto in Borgonuovo

del solito asinel traccia non trovo,

ma dell'autore essendoci il ritratto

lo spettator guadagna nel contratto.

Un vecchio musico di nome Verrua campava la

vita suonando nei funerali. Venuto a morte così lo

commemora il Baratta:

È qui sepolto il musico Verrua,

che a furia di suonar per l’altrui morte

restò suonato dalla morte sua.

Un altro famoso scombiccheratore di tele invita

il pubblico a vedere un quadro raffigurante San

Giovanni Precursore con allato il carnefice, ma li

dipinge così orridi da meritarsi quanto segue:

In questa tela effigiò il pittore

col carnefice accanto il Precursore.

Ma si l’uno che l’altro è brutto tanto

che non sai qual’è il boia e quale il santo.

Un amico suo, il dottor Morelli, gran mangiatore,

in un banchetto divorò con tanta voracità un pesce

così grosso che Baratta gli fece tenere questo caffè:

Se Giona avesse avuto l’appetito

che dimostrò Morelli in quella cena,

penso ch’invece d’essere inghiottito

se medesmo inghiottiva la balena.

Un certo poetastro del tempo, Castorina, avendo

spedita alla Regina d ’Inghilterra una sua opera, ne

ricevette una medaglia d ’oro che il vanissimo uomo

portava al collo. Il Baratta così commenta il fatto:

Una medaglia d’oro a Castorina

spedito d’Inghilterra ha la Regina,

con facoltà, per fare il don più vasto,

di poterla portar sospesa al basto.

L ’epigrammatica di questo strano e dimenticato

poeta non ha nessuno dei caratteri peculiari di quella

più in voga nelle nostre lettere, che ritrasse quasi

sempre i suoi motivi o dal corrompùnento dell’epi­

grammatica greca in quella latina, o dall’innestarsi

sul nostro tronco dello spirito francese.

È, più che altro, desiderio di chiudere nei canali

del verso, quasi sempre impeccabile, un bisogno pre­

potente di satira e d’umore. Di critica non spietata

o

rovente, amara e maligna, ma pervasa da un alto

e onesto senso di dignità morale.

che, avido di lei. tutto cerca sottoporre alla sua sfre­

nata voluttà di egoismo e sferza il danno suo, creden­

dolo danno di tutti, ma come l’osservatore pacato e

sereno, sottile e spiritoso che, camminando a lungo

sui margini dell’esistenza, coglie di tanto in tanto, in

un movimento, in una parola, in un gesto, il motivo

per un sorriso, un poco triste forse in fondo, ma non

mai nè malevole, nè doppio.

Certo Domenico Ozilia, un vecchietto arzillo che

si era goduta la vita, mentre i suoi nipoti, poveris­

simi avevan tirata la cinghia, viene a morire e

lascia tutte le sue sostanze a questi poverelli, qual

eran campati nell’unica speranza di quell’eredità

e Baratta commenta:

A Domenico Ozilia fu Bernardo

i nipoti dolenti... pel ritardo.

Nel cimitero di Torino, dopo alquanti giorni di

pioggia ininterrotta, frana la buca di un banchiere

noto per aver sempre sfrenatamente giocato sul

ribasso, ed ecco fiorire l’arguzia del Nostro:

La buca che qui ingombra ai vivi il passo

chiaramente dimostra, a mio parere,

che questo ostinatissimo banchiere,

arrivato quaggiù, gioca al ribasso.

Nè, dal tocco frizzante va esente il conte di Cavour

cui il Baratta regala in morte, questo epigramma che

sembra esprìmesse un’opinione abbastanza diffusa

sulla politica delle imposte del grande conte:

Passegger, troppo vicino

a quest’urna non ti accosta,

se si sveglia l’inquillino

paghi subito un’imposta.

Si prende il malvezzo d’ingiuriare a torto ed a

ragione le osterie:

No, non è ver che sia

reggia d’intemperanza l’osteria,

s’esser vogliam sinceri,

chi tempera più il vino degli ostieri.

Chi osserva, per esempio, il monumento del Conte

Verde in piazza del Municipio a Torino, può convin­

cersi che, ove il fendente ch’egli minaccia sul guer­

riero caduto, piombasse in linea retta spaccherebbe

la testa di qualche passante, non già quella del vinto

che gli sta sottoposto:

Chi percuota costai non è ben chiaro,

ma Prence essendo d’intelletto raro,

scommetter a può ano contro diece

rh» bastonar intende chi lo fece.

£ così via. Lo spigolar fra queste puntate può

tornar d’utile e di diletto grande; però molte d’esse

sfuggono ad ogni valutazione critica od elencazione,

solo pallidamente si può rendere conto del loro spi­

rito arguto e sottile, die l'umore abbella con la grazia

Espressione di uno spirito che era, non ostante

tutte le ostentazioni e le apparenze, fondamental-

e la correttezza, senza mai cadere, come è facile,

mente sano e che osservò la vita non già come colui

nellevillanieonel luogocomune, o odia vieta retorica.

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