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Concerti profilo al Liceo Musicale G. Verdi

Ci ho vissuto e me li ricordo bene. Eran

gli anni della giovinezza che coincidevano

coll'ultimo periodo, coll’ estrema propaggi­

ne di quel periodo scuro e triste per la mu­

sica italiana che va dall’ 890 circa al 915.

Periodo scuro e triste e pigro e desolato per

la musica italiana in genere, per la musica

sinfonica e pura in specie e sopratutto. Pe­

riodo tanto più triste in quanto sapendo e

sentendo che energie erano fra noi, bisogna­

va tacere ed assistere alla violenta imposizio­

ne della creazione straniera che, geniale in

piccola parte e di seconda mano in gran

parte, ci pioveva dall’alto e ci disprezzava.

Quanti furori fra noi, pochi giovani amici

e tenaci ! quante invettive, quanto ribollire

disperato omerico romantico, residuo di stu­

di recenti...

Tutte le vie chiuse. Lo Stato assente, di­

stratto, impegolato nelle varie botteghe, non

pensava a noi, non si ricordava di noi, gio­

vani ardenti che chiamavamo a gran voce

— una voce senza risonanza — non si ac­

corgeva di noi che per scriverci sul libro ma­

tricola del distretto militare e su quello del­

l ’ agente delle tasse che aspettava al varco.

I pochi padroni, quelli che potevano tutto,

i direttori di teatro e di società musicali

guardavan prima con stupore e poi con un

sorriso che tirava gli schiaffi, quelli purtrop­

po che non si possono dare, dalla estrema

estremità delle piante quei temerari insolen­

ti che osavano varcare la soglia a portare il

frutto penato lacrimato e palpitante del loro

soffrire.

La sfiducia, la mancanza di fede eran

quelle che più offendevano : l ’ insulto offen­

de meno e all’ insulto si risponde.

Venne alla fine la riscossa. A forza di

volerla venne. Non fu facile. Fu anzi dura

ed aspra. Ma era qualcosa : era muoversi,

era provare, era potere. A l resto ci avrem

pensato...

Con quanta gioia ci buttavamo nella bat­

taglia. E che colpi di qua e di là. E quanta

soddisfazione a guardare in faccia i sibilanti

e ad affrontare le sghignazzate. E quante ne

ho affrontate per portar in giro e far cono­

scere i Malipiero i Casella i Pizzetti i Tom-

masini i Castelnuovo...

Oggi. E oggi è venuto il nostro tempo.

Oggi siamo qualcuno : piccoli e grandi,

semplici e complicati, dolci e aspri, poeti e

prosatori siam qualcuno e possiamo farci

valere per quel che valiamo. Un movi­

mento ideale immenso irresistibile profon­

dissimo ha rinnovato il paese : la fede di

un Uomo unico ha fatto credere tutti e tutti

noi, italiani di oggi, crediamo a noi ed al

nostro futuro e facciamo le nostre prove.

Provare, misurarsi colle realtà vuol dire

conoscersi. Gli italiani di oggi si misurano

con tutte le realtà e sanno e sapranno quel­

lo che hanno e quello che non hanno.

E proviamo anche noi, musici. La no­

stra arte non è più l’ illusione irraggiungi­

bile sognata nella solitudine dello studio,

ma è realtà portata alla prova, a contatto del

popolo — il grande inappellabile giudice!

— ed è a questo contatto che noi stessi crea­

tori, se non siam cocciuti negli errori o ac­

cecati da una predilezione egocentrica che

non si discute, è a questo contatto che sco­

priamo le luci e le ombre, la forza e la de­

bolezza, la vitalità e la stanchezza, le possi­

bilità e le non possibilità, la forza del pen