

le» scritto a caratteri d’o ro :
Teatro Nazio
nale con quegli ornamenti che l'arte
sua
gli suggerirà, purché siano democratici e re-
pubblicani, e questo nel mezzo dell’arco del
proscenio. Farà inoltre riformare il manto
ducale con sostituirvi colori repubblicani
francesi, saluti e fratellanza
(136).
Le dolenti note, che con grande profu
sione si fecero sentire durante il corso del
la stagione, cominciarono già assai pri
ma che si aprisse il teatro. Il primo melo
dramma,
L ’Argea,
di Gian Domenico Bog-
gio, musicato dall’Andreozzi, ebbe un suc
cesso, che si può definire un po’ limitato.
Migliore accoglienza toccò ai due balli del
cittadino Gaetano Gioia. Col primo erano
esposti i casi di Abdur Hamed, sultano di
Trabacca. Nel secondo, proprio addattato ai
tempi che correvano, si esponevano le stra
ne peripezie di
Un matrimonio democratico.
L ’argomento di questa breve azione co
reografica, o balletto, è di una sublime sem
plicità. E ’ scritto nel libretto : « Diversi
nobili trovansi alloggiati in un albergo
d? Verona, e la figlia di uno di essi si
innamora di un garzone da caffè. Il pa
dre e la madre se ne accorgono: voglio
no indurre la figlia ad abbandonarlo. Es
sa resiste e i genitori la vogliono far rin
chiudere in un* prigione. In questo mo
mento arrivano i francesi nelle vicinanze di
Verona. Il garzone da caffè corre dal loro
generale, che gli promette giustizia. Arri
vano finalmente i francesi nella città, libe
rano la figlia dalla persecuzione dei suoi
genitori e si fa il matrimonio tra essa e il
garzone da caffè ai piedi dell'albero della
libertà ».
11 secondo spettacolo, in perfetta antitesi
con quanto avevano fissato gli antichi im
presari, doveva avere, per la parte melo-
drammatica, un carattere più spiccatamente
repubblicano. Per incarico dei Nobili Signori
Cavalieri il poeta Gian Domenico Boggio
aveva composto un libretto, col quali si illu
strava l ’amicizia di Oreste e Pilade: e lo
Zingarelli lo doveva porre in musica. Il sog
getto, che aveva per protagonisti due figli
di re, non poteva certamente andare a ge
nio dei liberi cittadini di Torino, diventati
per volere dei loro amministratori sudditi
francesi. Si voleva qualche cosa di meno
leggendario ma di più consono alle idee dei
tempi. Con un tratto di penna l ’Argivo e il
Fccese furono trasformati in due
Veri ami
ci Repubblicani.
L ’uno fu Eutarco, citta
dino subalpino, promotore della libertà e
amante di Dauri, figlia di Feudarti, cittadi
no allobrogo. L ’altro divenne Armido, cit
tadino insubre, suo rivale in amore. Aste
ria, a sua volta, rivale di Dauri, si struggeva
per Eutarco, e non curava gli sdilinqui
menti di Adrasto cittadino subalpino, suo
compatriota. Fra 1.
.aadini e cittadine
il più maltrattato era Giove, condannato a
fare una parte meschinissima affidata non
ad un cittadino di qualche levatura, ma ad
ben « volgare N. N. ».
Secondo il
Repubblicano Piemontese,
in
addietro
Gazzetta di Torino, ufficiale per gli
atti del Regno,
la sera del ventiquattro pio
voso si ebbe al teatro Nazionale una serata
calorosissima, indimenticabile. 11 genio tu
telare di questo suolo felice, il padre, l ’ami
co dei Piemontesi (è il giornale citato, che
parla) annunziò al popolo, che stipava (?)
il teatro, i progressi delle armi repubblicane
nel Regno di Napoli. Fu un delirio, un en
tusiasmo da non si dire, un vocìo senza
fine.
La trasformazione del teatro Nazionale in
una tribuna, dalla quale si annunciavano
tutte le novità di qualche rilievo e i successi
repubblicani non giovò ad aumentare il con
corso del pubblico. La cassetta, che soffriva
(136) Arch. del Comune di Torino. Carte della Domina
zione francese. 29 frimaio, anno 7°.