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sta concessione e fecero agire, nella stessa

primavera, una compagnia di prosa nel tea­

tro Nazionale, ora ribattezzato

«delle Arti

».

Da questo punto cominciò un’altra serie

di guai e di fastidi, che dettero origine alla

guerra aperta e poco meno che sanguinosa

combattuta a suono di verberazioni fra le

due Società impresarie del teatro delle Arti

e del Carignano. Queste si accapigliaro­

no prima per la questione di un mani­

festo attaccato fuori posto, poi per altri gra­

vi affari, che ora vedremo. Ai due teatri

agivano contemporaneamente due compa­

gnie italiane di prosa (la Consoli e Zuccato

alle Arti, la Paganini-Pianca al Carignano),

le quali facevano così magrissimi affari, che

se non morivano d’inedia, poco assai vi

mancava. Per raggranellare alla meglio

qualche spettatore di più, avevano dovuto

ricorrere a mezzucci molto meschini. A ll’im­

presa del Carignano era convenuto di an­

nunziare al pubblico, che per accordi presi

coi dirigenti del teatro Ughetti, ora Rossini,

gli abbonati di questo avrebbero avuto libe­

ro ingresso per nove sere, nelle quali si sa­

rebbero dati spettacoli misti di prosa e di

musica per compensarli di altrettante rap­

presentazioni ommesse per mancanza di

tempo.

I soci del Pregliasco, i quali cogli impre­

sari del Carignano avevano, dopo molto

battagliare, per intervento della Munici­

palità e di altri, concluso una specie di

armistizio di due mesi, che si sperava di

trasformare in accordo definitivo, ripre­

sero a strillare. Per essi l’innocente manife­

sto era una prova palese di insigne mala­

fede. Di qui ire, nuove verberazioni, ingiu­

rie

et similia,

mentre il Paolo Lorenzo Raby,

dottore aggregato di Eloquenza nell’Ate-

neo belava agli avversari in nome dei suoi

soci del Carignano frasi tenere appassionate,

che volevano essere convincenti.

II novello Orfeo ebbe la soddisfazione di

ammansare i feroci e arrabbiati rivali e di in­

durli a sottoscrivere il trattato di pace. Dob­

biamo però aggiungere, che nella vertenza

delle due imprese v era un retroscena, sfug­

gito al pubblico.

Le due disgraziate compagnie di prosa

avevano già ricorso anche ad altri mezzi per

tirare meno stentatamente innanzi. Al tea­

tro delle Arti si era posto in scena un bal­

letto comico, che era riuscito così scalcinato

da fare pietà. Al teatro Carignano si era fat­

to ricorso ad un modesto bussolottiere, che,

già troppo noto, finiva per costituire un ap­

poggio negativo.

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collegati del Regio temevano che l ’ope­

ra comica ed il balletto dell’Ughetti tra­

sportati al Carignano, non vi avessero a

prendere salde radici e a dare loro e ai loro

comici una mazzata tremenda.

P e r l' autunno era stato preparato un buon

spettacolo pel teatro Carignano con opere

comiche e con balli, ma per cementare in

qualche modo l ’accordo si pensò di portarlo

sulle scene del teatro delle Arti. V i erano

due difficoltà. L una riguardava la compa­

gnia Consoli e Zuccato, la quale era bensì

disposta ad abbandonare il teatro delle Arti,

ma non sapeva dove recarsi. La capocomica

aveva scritto a Ferrara e a Piacenza per ave­

re uno di quei teatri ed era anche disposta

a passare al Carignano. L ’altra difficoltà

era assai più spinosa. Si trattava di fondere

insieme i due corpi di ballo e di formarne

uno solo. La Commissione Municipale, alla

quale fu deferita questa questione, si rimise

al giudizio, che ne avrebbe dato il collega

cittadino Vernazza, incaricato della polizia

dei teatri. Questo

cittadino

era il barone

Giuseppe Vernazza, paziente ed autorevo­

lissimo raccoglitore di memorie storiche e

archeologiche, di cui lasciò un bagaglio vo­

luminosissimo, messo insieme col massimo

scrupolo e con rara intelligenza. Quanti si

valsero dei risultati de* suoi studi e delle sue

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