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I

campo del generale Compans, capo dì Stato

maggiore del 4° Corpo della Grande Armata.

È allora una galoppata furiosa al seguito del

suo generale: le donne di Vienna. Monaco.

Berlino, Varsavia lo ammirano caracollante sul

suo cavallo; egli è entusiasta della loro bel­

lezza e tra un combattimento e Taltro — par­

ticolarmente sanguinoso quello di Eylau —

scrive alla madre: « si la reine de Prusse, qu'ont

dit très jolie, s’était mise à la tète d’une armée

de femmes aussi belles que celles dont je viens

de parler, elle aurait fait mille fois plus que

son époux à la tète de ses légions ».

Finalmente l’8 giugno 1807 viene firmata

la pace di Tilsitt. Gaspare rimane in Germania

sempre più entusiasta delle belle tedesche: a

Berlino s’innamora perdutamente della figlia

quindicenne di un maggiore prussiano; a

F.rfurt. durante l’ apoteosi di Napoleone in

mezzo ai principi tedeschi, non perde un ballo

o uno spettacolo.

Ma nel gennaio del 1809 ricominciano le

ostilità; egli ne è felice perchè spera di distin­

guersi e da Ratisbona scrive a sua madre:

« votre Pinot entend de nouveau la musique

que Charles X I I préférait à tout autre ». Bat­

taglia di Eckmiihl. conquista di Vienna, vit­

toria di Wagram: qui il suo cavallo mentre

era lanciato al gran galoppo, colpito da una

palla, crolla di schianto, proiettandolo pa­

recchi metri lontano; era il suo cavallo pre­

ferito e raccontando alla madre questo epi­

sodio non parla del pericolo corso, ma solo del

suo rimpianto per il fedele compagno di tante

battaglie; dopo Wagram egli è insignito della

decorazione della Legion d’onore.

Pace di Vienna (14 ottobre 1809). Gaspare

scrive da questa città confessando la sua pas­

sione per il vorticoso valtzer viennese, assiste

alla partenza della nuova Imperatrice dei

Francesi, Maria Luisa d’ Austria; fortunato in

guerra e in amore deve calmare le apprensioni

materne con assicurazioni che nè le donne nè

il gioco hanno presa su di lui. ma intanto

chiede denari perchè ha bisogno di comprare

nuovi cavalli e non può sfigurare in mezzo al

brillante Stato maggiore del quale fa parte.

A questa campagna partecipava, ma ben

diversamente, anche il povero Luigi.

Dopo il suo ritorno in Piemonte nell’aprile

del 1806, ritemprate le forze grazie alle cure

materne, aveva passato liete giornate ospite

degli amici Valperga di Masino. San Martino.

Biandrà che ne avevano voluto festeggiare il

ritorno. Ma la sua condizione di cadetto non

gii

permetteva di vivere in ozio:

ottenne

quindi verso la metà del 1807, grazi*’ all’ap­

poggio

del

marchese di Brente

e

del conte di

Sartirana, di prestare servizio a Milano col

suo grado presso l’esercito d'Italia.

Ricomincia ia vita di guarnigione: egH dice

1 °

alla madre il suo rincrescimento di non poter

prender parte più attiva alla guerra e briga

per far parte dell’esercito di Junot: è di quei

giorni infatti l’elogio di questo maresciallo ai

soldati d’ Italia. Spera di giungere in tempo a

prender parte ai combattimenti tanto, egli

scrive, « si può ben dire che solo la pronta

fine della carriera di Giorgio il piccolo (cioè

il re d’ Inghilterra) e la lunga durata di quella

di Napoleone il grande, può far durare la

pace in Europa ».

Verso la fine dell’anno la guarnigione di

Milano è destinata a rinforzare le truppe con

le quali Giuseppe Bonaparte, allora re di Na­

poli, dava la caccia ai briganti e alle truppe

borboniche in Calabria. Le sue lettere di

questo periodo sono molto interessanti, perchè

ci dànno una esatta descrizione dell’ Italia di

allora: da Pesaro descrive alla madre le truppe

papaline che trova molto meschine, alle porte

di Roma si imbatte nella carrozza del duca e

della duchessa del Chiablese (uno dei fratelli

del re Vittorio Emanuele I ) e ha delle parole

accorate per il cattivo stato e la miseria del

loro equipaggiamento: come piemontese non

teva dimenticare l’affetto di generazioni per

a vecchia casa regnante. In Calabria si la­

menta degli insetti di cui lui e i suoi compagni

sono coperti e si stupisce delia misera vita che

conducono gli abitanti. Terminata la cam­

pagna con la presa di Reggio difesa da inglesi

e borbonici, ottiene la promozione a tenente

ed è destinato di guarnigione a Pesaro; i

giorni trascorrono sereni divisi tra i doveri

della sua vita militare, i balli, le corse dei

cavalli berberi e le gentili accoglienze delle

belle Romagnole. Ma la guerra con l’Austria

(1809) si riaccende e Napoleone ordina all’Ar­

mata d’ Italia di ricongiungersi alle sue truppe

in Germania. Luigi è felice della nuova cam­

pagna anche perchè spera di poter così riab­

bracciare il fratello che da anni non vede.

Ma la sua sorte lo perseguita: dopo aver re­

spinto gli austriaci comandati dall’Arciduca

Giovanni. l’ Armata d’ Italia entra in Gratz;

Gaspare che è accampato poco lontano dalla

città vi si precipita, ma Luigi proprio in quei

giorni era stato mandato in distaccamento;

l’impetuoso aiutante di campo pensa di fer

marsi ancora un giorno sperando che ei

rientri

a

tempo, ma il Vice Re saputa

la

presenza; lo manda

a

chiamare per incarica

di portare un dispaccio all’ Imperatore stesso

Così i due fratelli sono di nuovo divisi

poco dopo

è mandato

in

Carniola per riscu

te

re

nei villaggi l’indennità di guerra:

compii

penoso, in mezzo a un’o«tilità generale. in u:

paese inospitale, solo

coperto

di selve do

ancora vivono orsi c lupi. All’uscita di uno

r

»sti villaggi, mentre procede con una

24

soldati, egli cade in «ma imboscata

« VMarWUm aa*

sagli

da un centinaio di contadini armati dei

mezzi

più disparati; il piccolo drappello di

soldati tenta difendersi, ma molti sono già i

caduti: Luigi

è

a terra per una ferita d’arma

da

fuoco alla gamba sinistra; allora una furia

bestiale si impossessa degli assalitori che con

follia sanguinaria si buttano sui vinti: Luigi

riceve 3 colpi d’ascia sulla testa, la coscia

sinistra

è

trapassata dalla punta di un’ala­

barda, i vestiti gli vengono strappati di dosso;

più morto che vivo, percosso, insultato, in

mezzo

a urla di morte viene trascinato sino

al villaggio coi pochi superstiti e gettato in

una prigione. Il giorno dopo ia stessa folla

ubriaca di sangue lo vuol buttare in un corso

d'acqua che scorre nelle vicinanze e solo l’in­

tervento del Governatore austriaco della re­

gione lo salva dichiarandolo prigioniero di

guerra. Finalmente, malgrado le terribili sof­

ferenze causate dalle molteplici ferite, è in­

viato a Brod in Croazia; qui ha la fortuna di

trovare un medico modenese, finito a far l’al­

bergatore in quella cittadina, che commosso

dalle disgrazie d#>l «*»« »■■■■

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_ —— r—— i tu u u

el suo compatriota gli presta

ure affettuose rifornendolo di

|t<*stiario.

denari e di

Ai primi del

1810 lo

troviamo in licenza a

t'orino

e poi ad Acqui ove si era recato a

Tirare i postumi delle ferite ricevute; ripreso

• • <«•

mm

llfg r—« di N. C nh )

poi il servizio a Milano, ottiene la nomina a

capitano dei volteggiatori. L ’Europa final­

mente riposa; la vita nella capitale lombarda

è

brillante e animata. Luigi, ospite degli amici

conti Barbò, frequenta i balli della corte del

Vice Re, assiste agli spettacoli della Scala; ma

sopratutto gli piacciono le calme serate pas­

sate nella casa dei suoi ospiti ove venivano

anche gli amici e compagni d’arme Cigala,

Bricherasio, Vagnone, attratti dal dolce fa­

scino della contessa Barbò. « Adelaide, egli

scrive, ci regala pur sovente di una qualche

arietta che canta ed accompagna con grazia

sulla chitarra francese ». Sembra di rivedere

aggirarsi nei saloni dorati tra i severi mobili

dell’impero le dame dall’alta vita e i cavalieri

dalle uniformi ricamate d’oro e d’argento.

Ma il suo cuore era rimasto in Romagna; è

quindi con gioia che, nel gennaio del 1811, vi

ritorna lasciando la « malinconica se pur ricca

Lombardia ». Questo è l’anno più felice della

sua vita: tranne brevi distaccamenti in paesini

delTAppennino ove è inviato a combattere

qualche sparuto drappello di « briganti s altri­

menti egn si tratterrà sempre a Macerata.

£ pure di

questo periodo che sorge in

fari,

come nei suoi

« ■ p a g a i é n al i t n i w

4 d

H«y»n d’Italia, una eoM ÌtM italiana: nette

me lettere, adatta decisamente questa Bugna