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che fischiano da ogni iato; miracolosamente

illeso è quasi giunto alla mèta, riuscendo a

stento a dominare il cavallo impazzito per

il dolore causatogli da numerose ferite, quando

una palla lo colpisce al braccio spezzando­

glielo; impossibilitato a reggersi oltre, cade

dalla sella ma uno sperone rimane impigliato

nella staffa ed è trascinato per parecchi metri;

finalmente si libera con un supremo sforzo e

giace svenuto in mezzo al suo sangue e a quello

di cento altri eroi, mentre il cavallo, schian­

tato, agonizza poco lontano.

Solo il giorno dopo egli è raccolto e traspor­

tato a Nauenburg ove il borgomastro che lo

ospita gli prodiga tutte le cure possibili. Sino

a settembre egli rimarrà nella cittadina te­

desca salvandosi per un miracolo dall’ampu-

tazione del braccio ferito.

Questa sua lunga degenza, solo alleviata

dalla sua nomina a comandante di battaglione,

non gli permette di prender parte alle ultime

battaglie ove l'aquila imperiale agonizza; eva­

cuato da Nauenburg per il sopraggiungere

degli austriaci, ottiene una licenza per curare

il braccio che ancora porta in collo; nel di­

cembre è a Torino: la sua gioia è indescrivi­

bile: sono 11 anni che non ha più rivisto la

patria, che non ha più riabbracciato sua madre.

11 lunghi anni di continue battaglie e di con­

tinui pericoli. Egli è stanco fisicamente e mo­

ralmente e con lui tutta l'Europa; con gioia

quindi saluta la monarchia che ritorna in

Francia perchè garanzia di pace e quando, per

i suoi atti di valore, ottiene di poter ancora

servire col suo grado nel limitato esercito che

mantiene la Restaurazione, è con profonda de­

vozione alla causa di Luigi XV I I I che riprende

le sue mansioni.

Febbraio 1815: i 100 giorni. Gaspare è sor­

preso da questi avvenimenti al seguito del ge­

nerale Compans mentre questi ispeziona le

truppe a Nimes ove erano stati ricevuti da

S. A. R. il Duca d’ Angoulèmes. Il suo gene­

rale rifiuta di far causa comune con Napo­

leone e viene quindi messo a riposo; non ri­

mane che ritornare a Parigi dove già sventola

il tricolore dell'impero: «ci sono entrato ancora

con la coccarda bianca — racconta a sua

madre — per fortuna che era già notte!

».

Egli

viene assegnato al Ministero della guerra come

aiutante. Ma Waterloo spezza definitivamente

il volo delle aquile e Luigi X V I I I ritorna sul

trono degli avi.

Gaspare divide la triste sorte di mille altri

ufficiali; è

a messa

paga con la miseria che

bussa alle

sue porte:

non

vede

più nessuno per

fierezza

e

per economia:

« le donne, anche

ie

più

virtuose

scrìve a sua madre

— costano

sempre caro >. Sovente per vivere deve impe­

gnare l'orologio e mentre il carnevale del 1816

inpana per le vie di Parigi egli deve

accon­

tentarsi di uu pasto al giorno composto di un

po' di formaggio e un bicchiere di vino.

Il Governo sardo gli offre servizio nell’eser­

cito piemontese ma retrocedendolo al grado di

capitano: egli s’indegna di questa proposta:

« Ho conquistato il mio grado a prezzo della

mia vita e il Piemonte essendo allora unito

alla Francia, noi combattenti non eravamo dei

satelliti di Napoleone, ma dei difensori della

Patria: e poiché questa e il Re si confondono

e fanno una cosa sola perchè ora il Re mi of­

fende volendomi diminuire il grado? Mal­

grado le tristi condizioni in cui si trova egli

rifiuta l’offerta: « c’est dans des pareilles cir-

constances que je me rappelle de quelle famille

je suis » scrive sdegnosamente alla madre.

Ma il tempo passa: la sua condizione di uf­

ficiale a mezza paga non muta e d’altra parte

la nostalgia di casa sua è più forte che mai

perchè, come egli dice. « à tous les coeurs bien

nés la patrie est chère •.

Nel settembre del 1817 ottiene di essere

messo in pensione col grado di tenente colon­

nello e finalmente ritorna fra le care mura

del vecchio castello secondo il progetto che

aveva confidato a sua madre: « Mi pare già

di essere nella mia piccola camera vicino al

caminetto con un libro in mano; la mia piccola

bibUoteca ben in ordine, i miei stivali ben luci

dati disposti in ordine di battaglia (mi pare di

ricordarmi che vicino alla mia camera vi è un]

bugigattolo molto comodo per riporli), la mi

sciabola e la mia spada appesi sopra al lett

a guisa di trofeo per ricordare che sotto vi

un guerriero che riposa; godrò infine una dol

tranquillità, cosa che è il più gran bene dell

vita tanto più quando è accompagnata da un

coscienza pulita e da un cuore contento; vi

cino alla mia cara mamma passerò così

giorni felici ».

Ma la sua salute è minata da tutte le not

di bivacco passate all’addiaccio, dalle lung

galoppate estenuanti, dalle fatiche di ogni ge

nere e dalle numerose ferite ricevute: nel 182

a soli 46 anni Gaspare Provana del Villar

spegneva.

La sua vita può essere riassunta in quei

che diceva di se stesso a sua madre: « Sei

con onore e fedeltà, mi batto quando me

ordinano: destinato come tu sai per la

nascita alla carriera delle armi ho lavorato si

dalla più tenera infanzia a formarmi un cara

tere‘ che fosse degno della nobile divisa c

avrei dovuto portare: una fedeltà invioF

alla mia parola e ai miei giuramenti, una

vozione senza limiti al Sovrano che la

mi chiamava a servire, conservare a

lunque presso

una

riputazione

senza

ecco i principii ai q u i i mi sono sempre

at

nuto *>.

UN DOCUMENTO INEDITO DI EMANUELE FILIBERTO

EUN MUSICU DELLA SDA CORTE

;rv<

Che nel Cinquecento e nel Seicento i musi­

cisti, i virtuosi e i cantanti fossero ricercati e

stimati da tutte le Corti, che dappertutto rice­

vessero favori e doni e. qualche volta, anche

onori straordinari, in Italia e fuori, è cosa

ormai troppo nota perchè possa recar mera­

viglia, ma uno dei privilegi più singolari in

ricompensa dei suoi meriti artistici toccò cer­

tamente a un musico della Corte di Savoia.

Il fatto curioso è che questo avvenne sotto il

governo di Emanuele Filiberto, di un prin­

cipe, cioè, grandissimo guerriero e politico, ma

poco incline alle arti belle. Troppo agitati i

tempi, troppo difficili le sorti del suo ducato,

per il quale si richiedeva oculatezza sapiente,

*ì che non venisse del tutto e definitivamente

travolto nella grande contesa tra Francia e

Spagna. Dopo San Quintino, una delle più

fulgide pagine di gloria sabauda, e dopo le

lunghe e laboriose trat­

tative che portarono

al trattato di Cateau-

Cambrésis. Emanuele

F iliberto riaveva lo

Stato come era nel

1536, ma privato di al*

cune importanti piazze

forti e città, tra cui To­

rino. Soltanto tre anni

di poi, grazie alla sua

abilità politica e alla

co llaboraz icne

della

consorte. Margherita di

Francia, poteva, con

l'accordo di Blois

del­

l'agosto 1562,

ottenere

lo sgombero

di parte

delle piazzeforti

occu­

pate dai

Francesi, in

elusa Torino.

La città

fu resa

libera il

12 di­

cembre,

ma il duca e

la

duchessa non

vi

fe­

cero

il loro ingresso so­

lenne

che

nel febbraio

dell’anno seguente. Il

14

dicembre, due giorni

dopo averla riottenuta.

Emanuele Filiberto

creava Cavaliere di Cor­

te il n o musico Battista

Boirelli detto Fiasco-

Dot. torinese, con l'in­

carico di soprintendere

alle cose della giustizia. Strano compito dav­

vero per un musico! Le patenti del duca pos­

sono avere un certo valore, e per questo mi

piace qui riprodurle, trattandosi di un docu­

mento inedito, conservato nell’Archivio Co­

munale di Torino (1).

EMMANUEL FILIBERTO

per jg;ratia d’ iddio Duca di Savoia di Chablais

et d’Auosta Prencipe et Vicario perpetuo del

Sacro Romano Impero Marchese in Ittalia

Prencipe di Piemonte Conte di Geneva di Gene-

vese di Beaugeais di Romont et d'Ast Baron di

Vaud di Gex et Faucigny Signor di Nizza di

Bressa di Vercelli et del Marchesato di Ceva etc.

Essendo necessario, in questa restitutione

quale è piaciuto a Iddio di farci de la nostra

città di Turino, stabilirvi le cose della giù-

stitia et tra gli altri officiali deputar un Ca­

valero della Corte che

sij persona da bene, fe­

dele sagace ed esperì-

mentata acciò che come

conviene sappi esser-

citar tal officio in tutte

le cose che gli sarano

da noi imposte et co-

messe et dal Podestà

et altri nostri officiali

di detta Cità sì nel

prender o far prender

prigioni per qual si vo-

glia delitto e causa et

farli guardar come in

tutte le altre essecu-

tioni che gli occorre­

ranno di far per esser­

citio di tal officio et

essendo informati da

persone fedeli dell'in­

tegrità sufficienza et

altre buone qualità del

molto diletto fedel no­

stro

Ba tt i itm BorrM i

detto

Fiasconot citadi-

no

di Turino uno de*

nostri musici e familiari

di casa, attesa ancora

la sincera affetione che

mostrò sempre al ser-

vitie nostro,

c'è

parso

crearlo et deputarlo si

m m ,

y r * * *

.

ai certa scienza et eoa