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gala (W 4 )
abbandonando il francese e alla madre che dal
Piemonte gli ha scritto: •<l'Italie qui est si
près de nous •>muove questa severa rampogna:
« per carità, mia cara madre, non dite mai
più così scrivendomi dal Piemonte che è lo
stesso che dire in Italia, cioè il bel paese
che Appennin parte e il mar circonda e l’Alpe.
infine il più bel paese che Iddio benedetto
abbia creato, terra promessa, giardino di
Eden, campi elisei. infine l'emporio di ogni
grandezza di ogni scienza e di ogni più bella
stupenda ed ammirabil cosa, il paese ammi
rato da molti, invidiato da tutti, apprezzato
dalle più lontane nazioni, delizia di chi ha
la fortunata sorte di avervi la culla. Non vo
gliate quindi mai più dire: “
V
Italie qui est
si près de nous „ giacché voi ed io siamo per
grazia di Dio nati ed abitiamo in Italia cioè
io nella deliziosa Romagna r voi nelTubertoso
beato e bel Piemonte, dell'italo suolo ugual
mente preziose contrade, voi e io siamo ita
liani compresi nel governo imperiale del nostro
grande sovrano ma non perciò cessiamo di
essere quali siamo nati .
A Macerata si innamora perdutamente della
diciottenne figlia del marchese Trevisani: e
ottenuto il consenso della propria madre egli
rhiede
la
mano delia
fanciulla; ma
il marchese
Trevisani, secondo
l'usanza del tempo, vuole
un anno di attesa, per provare questo amore,
prima di parlarne alia interessata pur assicu
randolo che nei frattempo vigilerà lai il
della figlia affinché gli sia serbato. Natural
mente queste assicurazioni erano poca cosa per
il povero innamorato: egli se ne dispera ma
nel frattempo gravi preoccupazioni lo distol
gono dal pensare all'avvenire: la campagna
di Russia era imminente e Napoleone concen
trava in Germania tutte le sue forze. Luigi, al
seguito dell’ Armata d'Italia « vittima — come
egli dice — della crudele divinità di cui mi
è forza di seguire gli stendardi » giunge nella
« malinconica e fredda Germania ». Tristi pre
sentimenti lo agitano: non sulla sorte della
campagna poiché « il destino sarà glorioso e
grandioso, perchè le armi nostre saranno con
dotte dal genio sommo, valore e fortuna co
stante del grande Napoleone », ma egli sente
prossima la sua fine o per malattia o « per
l'acuta lancia di un cosacco feroce ». Strane
previsioni che purtroppo dovranno avverarsi
a puntino.
Frattanto l'esercito attraversa la Baviera
e la Sassonia. È interessante notare come egli
giudichi i tedeschi del suo tempo: « siamo trat
tati indistintamente colla massima graziosità
cordialità ed affabilità indicibile ed amicizia;
il carattere dei Germani, il lor tratto, la loro
urbanità franca e sincera, la loro bontà ed
ospitalità tutta cordiale e generosa meritano
da noi i più grandi elogi e ringraziamenti •
e in un'altra lettera: «riceviamo la più cordiale
ospitaliera accoglienza dalli ottimi germani il
di cui carattere è dei più franchi e leali ed
il cuore ottimo; essi sono in una parola una
vera pasta di zucchero; questi ottimi Bava
resi e Sassoni sono stimabili sotto tutti i rap
porti. Queste nordiche monotone contrade non
meritano al certo sì virtuosi abitanti.... ».
Le armate, proseguendo nella loro marcia,
giungono in Polonia: qui lande sabbiose, fo
reste di pini all'infinito, radi i paesi, scarse le
culture. Vivo è il rimpianto per « l'impareg
giabile nostra Italia »: è primavera, ma « ne
vica come da noi in febbraio »: le lunghe
marce lo hanno affaticato, la vecchia ferita
alla gamba si è riaperta; a Lipno, piccolo
villaggio di un centinaio di capanne di terra
grassa, è assalito da un attacco di itterizia,
vorrebbe continuare, ma lo stesso suo generale,
il Conte Pino, viste le sue cattive condizioni di
salute, lo rimanda a Thorn sulla Vistola ove
ha sede il magazzino generale dell'Armata
d'Italia. Con dolore Luigi si separa dal sua
reggimento. Thorn è una città sporca, resi
fangosa per le continue piogge, dove « quest
semibarbari barbuti setolosi polacchi som
poco accoglienti: qui ha il dolore di vede!
morire tra le sue braccia di • febbre putrida
il
suo
carissimo amico, il capitano
Vagnone d
TroCarello. Egli stesso
è in pessime
condizioni
morali e
materiali; assalito da violente febbri
dolorante per le
vecchie ferite,
non p iò nem