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VitaeconomicaesocialoolPiemonteotocentesco

Caratterizzato il Piemonte dalla esistenza di una

zona montana che copre il 50% della totale super­

fìcie <kmq. 29.353.46) territoriale e di una zona

collinare clic ne occupa il 29%. la Mia popolazione.

suddi\i.«a e frazionata in un grande numero di vil­

la n i e (torelli ha variamente risentito negli anni le

influenze delle trasformazioni economiche delle

\arie regioni agrarie.

Prevalentemente dedita all'agricoltura — i censi­

menti che la storia del Piemonte ha tramandati lo

testificano — la popolazione -ulti le scosse violente

dei mutamenti avvenuti nei sistemi di conduzione.

Ad una distribuzione delle primate ricchezze fra

le mani di piccoli proprietari e agiati inezzaioli. di

cui il Balbo loda lo spirito prendente e più confa­

cente al buon ordinamento dell'economia piemon­

tese, succedono investimenti di classi nuo\e in la r­

ghe affittanze delle quali Arturo Young sarà fervi­

dissimo difensore"’.

Che i moti delle classi popolari piemontesi del

1798-99 trovassero origine in cause economiche,

contro la tesi generaiizzatrice del Bollea, è ormai

dimostrato, come sono agli storici dell'economia

note le conseguenze -ociali del licenziamento di tante

famiglie mezzadrili e servili.

L'aggravarsi della piaga del pauperismo di cui

Mino piene le relazioni e i libri della prima metà del

secolo x i\. non doveva certo attribuirsi a cause di

indole demografica, nè si potevano approvare i con­

sigli che il Gioia elargiva attorno a quel tempo,

quasi compiacendosi della inumana e antinaturale

legge del Cantone di Lucerna dettante freni al fe­

condo progredire della tendenza matrimoniale. Per

le genti subalpine prevalentemente dedite ai lavori

dei campi, furono dolorose le calamitose circostanze

che caratterizzano i secoli xvt e xvii; ma le fidenti

energie di ricupero ripopolano i campi disertati, le

fattorie immiserite, i borghi solitari e le tradizio­

nali colture piemontesi del riso, del mais e del f ru ­

mento ridonano alle popolazioni nostre nuova fi­

danza nella ripresa.

La « provincia ». che il Bolero chiamò « abbon­

dantissima » e che il Della Chiesa ammirerà come

una delle più fertili e più provvide che si possa

immaginare, fondata tradizionalmente su la piccola

proprietà e «ul piccolo possessi», con larga usanza di

conduzione mezzadrile, -ubirà. non sempre con dolo­

rosa ras-egnazione. le trasformazioni agricole che

gli eventi economici della fine del secolo xviii e il

principio del xix ineluttabilmente porteranno seni.

Che il sistema degli estesi affinamenti venisse

considerato dalla generalità nmir la causa predomi­

nante della <ir*a mercede degli operai di campagna

è comprovato dalle numerose fonti Mnrirbe sulla

• texata quaestio » alla quale il Napione porterà il

contributo più analitico del suo robusto ingegno.

La economia piemontese fu certo danneggiata dai

dividi fra antica e nuova nobiltà, dal dannoso assen­

teismo padronale della recente nobiltà fondiaria, dal

sorgere delle dimore nelle « vigne » anziché nelle

avite magioni, dal crearsi di una classe interme­

diaria speculatrice che sostituendo le affittanze alla

conduzione diretta concentrava i fondi, spodestan­

dovi massari e mezzadri, e infine dal generale

aumento dei prezzi agricoli (piando i magri bilanci

non trovavano compenso iieH'aumenlo dei salari.

Ma giorni ben più tristi dovevano attendere le

classi contadinesche degli stati di terra-ferma, allor­

quando sottoposte alle dure conseguenze di una care­

stia che nel 1816-1817. distrusse non solo i raccolti,

ma falciò vittime umane, ebbero modo forse di pen­

sare che le origini del male erano riposte non sui

metodi di conduzione, ma piuttosto su stravaganti

sistemi di interna amministrazione, che frazionando

territori geograficamente e politicamente uniti, divi­

devano il Regno in compartimenti stagni pernicio­

sissimi ad un sano sviluppo e progresso delle popo­

lazioni campagnole. Le quali trovarono negli anni

seguenti e specialmente nel provvido Governo di

Carlo Alberto, motivi di rallegrarsi delle nuove mi­

sure amministrative ed economiche che. in antitesi

alla manìa del ritorno all'antico che segna l'entrata

dei Savoia negli antichi Domini, alla Restaurazione,

adattano il corpo sociale alle nuove esigenze matu­

rate in un quarto di secolo di vitali trasformazioni

politiche.

Alla confusione amministrativa <2>porranno rime­

dio valorosi ministri, i quali dal Brignole al Thaon

di Revel. al Cibrario. collahoreranno alla restaura­

zione economica dello stato piemontese, offrendo al

grande tessitore il mezzo di poter condurre a com­

pimento il piano leggendario, fondandone le basi in

un ambiente ormai preparalo ad accettarne le radi­

cali riforme ,J>.

Nè doveva essere, almeno fino al 1850. troppo

gravoso il carico tributario, il quale sia rhe gravasse

sui fondi, sia su la totalità dei redditi diretti ed indi­

retti. si calcola ammontasse, riferito al totale della

popolazione degli Stati Sardi di terra-ferma, ad un

testatico di L. 21.30 comprendente tutti i tributi

diretti e indiretti. Il non gravoso carico si limitava

quasi tutto all'imposta prediale; lieve era il carico

personale e.mobiliare su le varie attività produttive

e commerciali. Calcolando una rendita annua totale

del Regno Sardo a un miliardo e 200 milioni risul­

tava che ad un carico generale da noi calcolato in

80 milioni comprese le sovrimposte, doveva rorri-

spondere una perrentuale della importa al reddito

del 6.66% . Ma se lieve era la media sul totale della

p<»p«4azionc. non si deve dimenticare rhe esisteva

sperequazione del tributo fondiario dipendente an­

che da una lunga pratica delle esenzioni, onde le