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economici dei piani regolatori della sua città ( i ) ,

aveva trovato che nel 1928 la « spesa di impianto *

richiesta da ogni nuovo cittadino che si aggregava

alla collettività urbana, oscillava tra le 15 e le

18 mila lire, e che la spesa per la pura abitazione

in tale calcolo incideva per circa la metà sul com­

plesso della spesa generale d’impianto.

Ritenendo giustificato adottare nel caso nostro

tale rapporto, senza tema di errare per eccesso,

potremo concludere che le spese richieste dal

previsto incremento cittadino saranno di almeno

tre miliardi di lire. La cifra non è certo esigua e

ovrà affrontarla la cittadinanza torinese per la

massima parte, non potendo far grandi affidamenti

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su aiuti diretti dello Stato, perchè le sue disponi­

bilità relative all’edilizia dovranno essere minu­

tamente frazionate con le altre città. (Basti ricor­

dare che, secondo il calcolo della Corporazione

delle costruzioni edili, il fabbisogno edilizio in

Italia è di 600.000 nuove stanze all’anno per la

durata di un ventennio, e che il fabbisogno di

Milano per i 5 anni seguenti il 1942, secondo uno

studio del Prof. Chiodi, condotto con criteri per

la massima parte analoghi al presente (2), ammonta

ad almeno quattro miliardi per le sole abitazioni!).

Pur non sollevando dubbi sulla possibilità di

un tale sforzo finanziario dei cittadini torinesi,

sarà sempre interessante se non doveroso, chie­

dere se. a opere fatte, tutto questo immenso capi­

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