Table of Contents Table of Contents
Previous Page  892 / 1325 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 892 / 1325 Next Page
Page Background

Le cause di questa immigrazione mi pare siano

assai chiare: basta leggere il diagramma della

popolazione di Torino, come di una qualunque

altra città, per accertarsene. L ’inizio del rapido

incremento della popolazione coincide con l’ini­

zio dell è a industriale. In questo ultimo secolo

Torino ha più che quintuplicato il numero degli

abitanti che raggiunse nei suoi primi diciotto

secoli di vita. È l’industria la causa prima del­

l’inurbamento.

Ma questa industria nel secolo scorso

poteva

accampare delle ragioni per sistemarsi nelle città:

ora tali ragioni vanno in gran parte riducendosi,

mentre al contrario vanno accentuandosi ragioni

opposte ed acuendosi sempre più effetti dannosi.

A ll’inizio dell era industriale, con la comparsa

della macchina, e della locomotiva in particolare,

era più che naturale che la fabbrica s’impiantasse

nella città, luogo d’incrocio delle poche ferrovie,

indispensabili per il trasporto del carbone per

l’energia, delle materie prime per la lavorazione,

dei prodotti per lo smercio; luogo di più facile

offerta di mano d ’opera e residenza dei primi

industriali.

Ma ora con l’espandersi delle linee ferroviarie,

e sopratutto con l’avvento dell’automobile c del­

l’autotreno e conseguente ritorno al potenzia­

mento delle arterie stradali ordinarie, con l’au­

mento della velocità delle comunicazioni, oltreché

delle merci anche del pensiero, con lo sviluppo

dell’energia elettrica di facile trasporto e con la

tendenza dell’attuale industria alle spiccate spe­

cializzazioni, si hanno non solo possibilità, ma

anche convenienza di impianto ed esercizio di

molte industrie, grandi o piccole in località anche

lontane dai grandi centri, ma ricche di risorse

umane e naturali.

Alla tendenza centripeta dell’industria verso le

grandi città si deve contrapporre un deciso movi­

mento centrifugo: occorre insomma «decentrare

l’industria ». Su questo argomento noi viviamo

molto d ’abitudini, senza accorgerci che i tempi

sono cambiati e sopratutto senza voler avvertire

i gravi danni che patisce la collettività e i sempre

maggiori pericoli ai quali si va incontro. Molto

noi ignoriamo di quanto è stato studiato ed attuato

in altri paesi che, forse per avere patito in anticipo

gli inconvenienti dell’inurbamento, d hanno pre­

ceduti nella via del decentramento industriale.

Se non tutti vorranno essere persuasi della tesi

di Ford sul frazionamento degli impianti indu­

striali specializzati, di poche centinaia di operai,

disseminati per una vasta regione, che offrono

un tornaconto assai maggiore del pesante stabi­

limento, specialmente se urbano, nessuno però

può negare il valore di questa iniziativa, conside­

rando che la grande maggioranza degli operai

ed impiegati dei grandi stabilimenti Ford opta

insistentemente

per

gli

stabilimenti decentrati.

Già

da parecchi anni prima dell’attuale guerra,

in Inghilterra,

ove i

danni

deU’

inurbamento erano

>

assai risentiti, una commissione reale aveva lo

specifico compito di regolare una più giusta ripar­

tizione geografica della popolazione industriale.

Ed un provvedimento assai più persuasivo nei

riguardi del decentramento delle industrie nelle

grandi città, era stato preso per salvaguardare

Parigi: ogni concessione di forniture militari

veniva negata agli industriali che impiantassero

od ampliassero le loro industrie nella regione

prossima alla metropoli francese.

M a il maggior contributo rccato al decentramento

industriale è stato dato dall’urbanistica con la

creazione, prima delle città satelliti dei grandi

centri, poi con la creazione dei piani regionali

o territoriali.

La ridistribuzione, o per lo meno i nuovi im­

pianti delle industrie costituiscono, per la maggior

parte di tali piani, il nocciolo delle questioni di­

battute.

E questo, bene inteso, viene condotto non solo

per il vantaggio della popolazione, ma anche del­

l’industria stessa ed è frutto di una accurata inda­

gine tanto sulle singole regioni quanto sulle sin­

gole industria. Da una parte si approfondiscono

gli studi, sia sulle popolazioni (con tutte le loro

vicende demografiche con le loro tradizioni e le

loro aspirazioni), sia sulle caratteristiche delle

varie zone (caratteristiche fisiche-biologiche rela­

tive al valore economico del suolo, caratteristiche

oro-idrografiche relative alle vie di comunica­

zione); dall’altra parte si analizzano le caratte­

ristiche delle industrie (caratteristiche di mano

d’opera maschile, femminile, e giovanile, studiate

nelle intrinseche relazioni e proporzione riguar­

dante l’unità famigliare e nel grado di perfezio­

namento e raffinamento intellettuale e profes­

sionale dei singoli, caratteristiche di salari, di

« peso » delle industrie e delle reciproche rela­

zioni fra le loro varietà, caratteristiche di trasporto

di materie prime, di prodotti e dell’energia, carat­

teristiche del periodo di stagionalità della produ­

zione, della necessità di immagazzinamento, del

mercato del prodotto, ecc. ecc. Vedasi a tale pro­

posito gli studi accuratissimi, specialmente tede­

schi, dell’Heiligenthal in particolare).

Con tutti questi elementi e con il sussidio del­

l’altrui esperienza non sarebbe difficile stabilire

l’ubicazione migliore di ciascuna industria, a

sicuro vantaggio tanto della popolazione che la

riceve* quanto del complesso di tutte le forze

operanti della regione. E questi studi diranno

ancora quali siano le industrie che hanno la neces­

sità o la'convenienza di restare nell'ambito della

città,‘ poiché evidentemente non è da credere che

si voglia allontanare da essa tutte le industrie.

Alcune industrie (ad esempio quelle meccaniche

di precisione, per quanto riguarda la mano d ’opera

maschile, e quelle dell’abbigliamento di qualità,

per

quanto riguarda quella femminile),

spedai-

mente

quelle

che

richiedono operai

di un grado

professionale più elevato,

hanno pieno diritto di