

Le cause di questa immigrazione mi pare siano
assai chiare: basta leggere il diagramma della
popolazione di Torino, come di una qualunque
altra città, per accertarsene. L ’inizio del rapido
incremento della popolazione coincide con l’ini
zio dell è a industriale. In questo ultimo secolo
Torino ha più che quintuplicato il numero degli
abitanti che raggiunse nei suoi primi diciotto
secoli di vita. È l’industria la causa prima del
l’inurbamento.
Ma questa industria nel secolo scorso
poteva
accampare delle ragioni per sistemarsi nelle città:
ora tali ragioni vanno in gran parte riducendosi,
mentre al contrario vanno accentuandosi ragioni
opposte ed acuendosi sempre più effetti dannosi.
A ll’inizio dell era industriale, con la comparsa
della macchina, e della locomotiva in particolare,
era più che naturale che la fabbrica s’impiantasse
nella città, luogo d’incrocio delle poche ferrovie,
indispensabili per il trasporto del carbone per
l’energia, delle materie prime per la lavorazione,
dei prodotti per lo smercio; luogo di più facile
offerta di mano d ’opera e residenza dei primi
industriali.
Ma ora con l’espandersi delle linee ferroviarie,
e sopratutto con l’avvento dell’automobile c del
l’autotreno e conseguente ritorno al potenzia
mento delle arterie stradali ordinarie, con l’au
mento della velocità delle comunicazioni, oltreché
delle merci anche del pensiero, con lo sviluppo
dell’energia elettrica di facile trasporto e con la
tendenza dell’attuale industria alle spiccate spe
cializzazioni, si hanno non solo possibilità, ma
anche convenienza di impianto ed esercizio di
molte industrie, grandi o piccole in località anche
lontane dai grandi centri, ma ricche di risorse
umane e naturali.
Alla tendenza centripeta dell’industria verso le
grandi città si deve contrapporre un deciso movi
mento centrifugo: occorre insomma «decentrare
l’industria ». Su questo argomento noi viviamo
molto d ’abitudini, senza accorgerci che i tempi
sono cambiati e sopratutto senza voler avvertire
i gravi danni che patisce la collettività e i sempre
maggiori pericoli ai quali si va incontro. Molto
noi ignoriamo di quanto è stato studiato ed attuato
in altri paesi che, forse per avere patito in anticipo
gli inconvenienti dell’inurbamento, d hanno pre
ceduti nella via del decentramento industriale.
Se non tutti vorranno essere persuasi della tesi
di Ford sul frazionamento degli impianti indu
striali specializzati, di poche centinaia di operai,
disseminati per una vasta regione, che offrono
un tornaconto assai maggiore del pesante stabi
limento, specialmente se urbano, nessuno però
può negare il valore di questa iniziativa, conside
rando che la grande maggioranza degli operai
ed impiegati dei grandi stabilimenti Ford opta
insistentemente
per
gli
stabilimenti decentrati.
Già
da parecchi anni prima dell’attuale guerra,
in Inghilterra,
ove i
danni
deU’
inurbamento erano
•
>
assai risentiti, una commissione reale aveva lo
specifico compito di regolare una più giusta ripar
tizione geografica della popolazione industriale.
Ed un provvedimento assai più persuasivo nei
riguardi del decentramento delle industrie nelle
grandi città, era stato preso per salvaguardare
Parigi: ogni concessione di forniture militari
veniva negata agli industriali che impiantassero
od ampliassero le loro industrie nella regione
prossima alla metropoli francese.
M a il maggior contributo rccato al decentramento
industriale è stato dato dall’urbanistica con la
creazione, prima delle città satelliti dei grandi
centri, poi con la creazione dei piani regionali
o territoriali.
La ridistribuzione, o per lo meno i nuovi im
pianti delle industrie costituiscono, per la maggior
parte di tali piani, il nocciolo delle questioni di
battute.
E questo, bene inteso, viene condotto non solo
per il vantaggio della popolazione, ma anche del
l’industria stessa ed è frutto di una accurata inda
gine tanto sulle singole regioni quanto sulle sin
gole industria. Da una parte si approfondiscono
gli studi, sia sulle popolazioni (con tutte le loro
vicende demografiche con le loro tradizioni e le
loro aspirazioni), sia sulle caratteristiche delle
varie zone (caratteristiche fisiche-biologiche rela
tive al valore economico del suolo, caratteristiche
oro-idrografiche relative alle vie di comunica
zione); dall’altra parte si analizzano le caratte
ristiche delle industrie (caratteristiche di mano
d’opera maschile, femminile, e giovanile, studiate
nelle intrinseche relazioni e proporzione riguar
dante l’unità famigliare e nel grado di perfezio
namento e raffinamento intellettuale e profes
sionale dei singoli, caratteristiche di salari, di
« peso » delle industrie e delle reciproche rela
zioni fra le loro varietà, caratteristiche di trasporto
di materie prime, di prodotti e dell’energia, carat
teristiche del periodo di stagionalità della produ
zione, della necessità di immagazzinamento, del
mercato del prodotto, ecc. ecc. Vedasi a tale pro
posito gli studi accuratissimi, specialmente tede
schi, dell’Heiligenthal in particolare).
Con tutti questi elementi e con il sussidio del
l’altrui esperienza non sarebbe difficile stabilire
l’ubicazione migliore di ciascuna industria, a
sicuro vantaggio tanto della popolazione che la
riceve* quanto del complesso di tutte le forze
operanti della regione. E questi studi diranno
ancora quali siano le industrie che hanno la neces
sità o la'convenienza di restare nell'ambito della
città,‘ poiché evidentemente non è da credere che
si voglia allontanare da essa tutte le industrie.
Alcune industrie (ad esempio quelle meccaniche
di precisione, per quanto riguarda la mano d ’opera
maschile, e quelle dell’abbigliamento di qualità,
per
quanto riguarda quella femminile),
spedai-
mente
quelle
che
richiedono operai
di un grado
professionale più elevato,
hanno pieno diritto di