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U industria

piemontese

nel 1848

I.

- Concesse le libertà costituzionali, maturavano

in Piemonte 1 destini politici d ’Italia. Tuttavia pur

essendo trascorsi diciassette anni di tenace sforzo rico­

struttore Carlo-Albertino, il Piemonte dal punto di

vista industriale, era ancora ben lontano dall’aver rag­

giunti' il livello di altri stati nei quali, come in Inghil­

terra prima e in Francia e Belgio poi, la rivoluzione

industriale aveva segnato tappe gloriose se pur con

conseguenze nel corpo sociale assai dolorose.

Non doveva però dolersi la gente nostra di questa

più lenta ripresa perchè piti facilmente si ottennero ri­

sultati benefici, frenando Fazione di eventi dannosi

che oltr’alpe la rapida trasformazione ineluttabilmente

creava nella classe artigiana spodestata dalle gloriose

tradizionali posizioni.

Questa nostra gente che, tra le ore iS e 19, usava

soffermarsi m Piazza Castello a sorbirsi il « preparato *

o 1 « quattro ebrei • o il « Punt e mes * da Carpano,

viveva ancora quella vita lontana dall’artanno delle

capitali di altri stati ove il dio Mammone sembrava

già aver ghermito l'anima e il corpo dei suoi

cittadini.

Eravamo ai tempi 111 cui un ministro delle Finanze

(Nigra) di fronte alla immediata scadenza di un pre­

stiti' pubblico cui dovevasi provvedere col rimborso

andò a casa siu e raccolte 400.000 lire (di quelle buone

di cent’anni fa!) se le porta con sè in carrozza versan­

dole al tesoro dello Stato! Dimostrazione dei tormen­

tosi momenti del nostro popolo e del carattere di al­

cuni uomini del vecchio Piemonte.

Era il tempo in cui la vita torinese procedeva com­

posta e tranquilla scossa solo dagli eventi che prelu­

devano al risveglio nazionale; 111 cui le ventiquattro

ore della giornata erano tramezzate da vicende im­

portanti come la discesa del pallone dalla specola di

Palazzo Madama, il cambio della guardia a Palazzo

Reale, lo spegnimento dei fanali a gas, il passaggio

alle 12 del nutrtto drappello di tamburini preceduti

da una fila di pifferi che partendo dal Palazzo Madama

percorreva «con immenso frastuono » Via Dora Grossa

fino alla Porta Susa.

Piazza Castello offriva giornalmente uno spetta­

colo coreografico assai vario: dalla sfilata della Guardia

Nazionale, al via vai di vetturini che qui avevano il

loro posteggio principale; dal rincorrersi di ragazzini

e soldati in libera uscita, al vociare di lucidatori di

scarpe (

Jccrotaa

) di giocolieri, ciarlatani che riunivano

nella celebre piazza il popolo torinese che aveva

molto tempo da perdere, quando con due lire e ven­

ticinque centesimi si poteva fare un pranzo luculliano,

compreso antipasti, dolci e liquori, e un quartino di

quel buono costava 0.15 centesimi.

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