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famiglia sua. non portasse nel piccolo nido un co­

spicuo patrimonio.

Occorreva dutK|ite lavorare, pur godendo di un

relativo benessere.

Scartata categoricamente l'affermazione che il

Santo

sia

nato da famiglia povera, dobbiamo vedere

la giovane coppia Cottolengo Chiarotti tesa nel la­

voro che darà, a poco a poco, frutti abbondanti. Dob­

biamo vedere lei, la sposa, occupata solerte al buon

andamento della casa e del negozio di mercerie, e lui,

10 sposo, continuare nell’esercizio della mercatura che

fu. con tutta probabilità, come accennato, l’esercizio

dei Cottolengo, il Italia e di Francia, suoi predecessori.

l'oi, aumentato il peculio, Antonio Cottolengo,

uomo posato, accorto, perspicace, rapportò l utile e

11 disagio: smise la mercatura, disse basta a quellaii-

dare girovago che lo teneva per molte ore, e talvolta

giorni, lontano dalla famiglia. Curò quel po’ ih terra

che, a zolla a zolla, s’erano messa attorno lui e la

moglie; e poi, giacche in città tutti gli volevano bene,

accettò un incarico pubblico retribuito: tu esattore

delle contribuzioni.

Numerosa tu la figliolanza di quel buon ramo di

robusto tronco: dodici titoli, tra maschi e femmine.

Tre maschi, sui quattro restati in vita, Giuseppe Be­

nedetto. Luigi e Ignazio, furono avviati al sacerdozio,

e il quarto. Agostino, potè studiare pittura. E risa­

puto sì che i giovani Cottolengo, in gara di esempla­

rità, si guadagnarono posti gratuiti per potersi dedi­

care agli studi superiori, ma questo avvenne quand’essi

avevano già frequentato le scuole in Bra. e non sol­

tanto le primarie. Il padre poteva dunque non man­

darli al campo con le bestie o con l’aratro; poteva

tenerseli cari in casa: allo scrittoio, sui libri.

I

due sposi s’erano dati attorno per raggiungere

uno stato comodo. Ma poi l'un l’altro erano sempre

in gara per aiutare quanti vivevano nell'indigenza.

Mai un povero aveva bussato invano alla porta di

casa Cottolengo: e i tigli erano col cuore e le mani

aperte come il babbo e la inanima.

Giuseppe Antonio Cottolengo mette un marchio

di spiritualità ncU’anima dei figli, che s’apre come un

fiore all'alito della vita. Soltanto ricalcitra, il bravo

uomo, quando s’avvede che tutti i tigli s’estraniano,

qual più qual meno, dagli interessi mercantili che fu­

rono la sua ansia e il suo orgoglio, per darsi chi al sa­

cerdozio e chi all’arte.

Questo lavoratore acceso, robustamente piemon­

tese, che visse felice le giornate intense della propria

operosità, sente, al sonar degli anni alti, pungente la

fatalità d esser solo a dipanare la grossa matassa degli

affari.

Non

uno dei suoi maschi è con lui a mescolare

e i rimescolare scudi e marenghi...

Ma oramai sessant anni. Potrebbe, dovrebbe di­

mettere ogni idea traffichili.! per ridursi in pace con

la famiglia a Chieri. dove il canonico Luigi l’aspetta.

Ma non vuole: reagisce violentemente, attaccato ai

suoi quattro palmi di terra e agli abituali mercan­

teggiamenti.

Anzi, più il primogenito esorta, più egli si fa cupo,

ombroso, intollerante. Si accanisce negli affari proprio

quando meno lo esigono le condizioni relativamente

floride della sua casa. Investe denari altrui in specu­

lazioni: e poiché non ha più l’occhio limpido del di-

scernimenti' e la pronta accortezza di imbastire e con­

cludere un mercato, cade in errori che, al dire del

canonico torinese, non hanno tutti alone di chiarezza.

Mentre il tiglio tutto s’aderge verso il Cielo, e lo

ìntravve1■ •' lo vede in un distacco assoluto da ogni

granfia leuena, il padre, oramai servo del benessere

che fruttò il suo ostinato lavoro, copre con le mani

tremule il gruzzolo rutilante...

Giuseppe Antonio Cottolengo, che tu cosi aperto

nel dare ai poveri quando vigoroso pulsava m lui il

sangue e si sentiva capace di decuplicare, con le sue

BrnrtitUa Chiarotli madre * sorella.