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Nel mese di maggio il concerto sinfonico ha avuto

un inconsueta prevalenza su quello da camera, almeno

quanto al numero delle manifestazioni; c ciò soprat­

tutto in virtù dcH'iniziativa del Comitato per le ce­

lebrazioni del centenario 1X48-49, che promosse una

serie di sette concerti orchestrali, assumendosi dalla

RAI il compito dcH’organizzazione e dell’attuazione.

A parte il contributo — davvero eccellente — del-

1

orchestra torinese della RA I, sempre 111 perfettissima

torma, e l’intervento di alcuni direttori di gran faina,

1 concerti del maggio non offersero un particolare

interesse, o almeno un interesse di novità: programmi

quasi sempre «di tutto riposo », come suol dirsi in

gergo commerciale: tirine ultrasolvibili c note su

tutte le piazze.

Il primo di questi concerti riportò sul podio del

Conservatorio il maestro Issav Dobrowcn, interprete

di fervido e torte temperamento, che presentò la set­

tima sintonia di Beethoven, la suite strawinskiana del-

I

l cu llo ili fuoco,

e la piatta, edulcorata e noiosa Sere­

nata per archi di Ciaikowsky.

Il

secondo concerto toccò a Herbert von Karajan,

che diresse* la sintonia

Jupiter

di Mozart, la

Rapsodia

spaninola

(qui veramente eccellendo nella ricca eleganza

degli effetti coloristici) e la quinta sintonia di Bee­

thoven. Il terzo concerto ricondusse a Torino, dopo

molti anni d’assenza, l’insigne Bernardino Molinari,

che presentò « Le Stagioni » di Vivaldi, la sinfonia

pastorale di Beethoven, e belle e notissime pagine di

Debussv e Dukas.

Più interessante il programma del quarto concerto,

con Vittorio Cui. che ci dimostrò come ben si possa

rinnovare il repertorio, traendo dagli autori più noti

il meli noto o l’inedito: Mozart, con la meno abusata

delle ouvertures

(Il ratto dal serraglio)

e il

Divertimento

m si beni, maggiore, opera, quest’ultima, di mera­

v i g l i t i bellezza stilistica, che consentì all’orchestra lo

sfoggio di un vero virtuosismo collettivo: il gruppo

dei violini parve un solo strumento, l’orchestra un

quartetto di maggiore potenza, ma senza molteplicità

di voci, nella mirabile unità dell’intonazione e dell’ar­

cata. Con Mozart, il Debussy delle pagine decorative

di

Jcu.x,

e di altre non poche del

Martirio di San Seba­

stiano,

inclusevi due scene solistico-vocali (apprezzata

interpret

;irano Giuseppina Arnaldi).

Una novità di grande importanza ci offrì Mario

Rossi (ultimo concerto della stagione sinfonica della

RAI) col terzo

Concerto

per pianoforte c orchestra di

Bela Bartok: l’ultima opera del tormentato composi­

tore ungherese, compiuta a stento sulle soglie del-

l’al di là, testamento artistico conclusivo, che segna il

superamento del capo delle tempeste e la conquista

di 1111 mondo più chiaro e placato, retto da un senso

di superiore saggezza e armonia.

A una prima audizione tutti c tre i movimenti

ci diedero un’impressione di forte vitalità; alto soprat­

tutto

YAdagio,

effuso in un libero linguaggio lineare,

che ci porta — anche con riferimenti testualmente

assai prossimi — all’atmosfera della «Canzone in modo

lidico» e della

Grosse Fuge

deH’ ultimo Beethoven.

Eccellente la presentazione, nella concertazione di

Mario Rossi e ncH’esccuzione solistica di Walter Ba­

racchi. Un altro pezzo moderno presentato da Mario

Rossi tu la suite dall’opera

Prometeo

di Louis Cortese:

non sempre del tutto afferrabile a una prima audizione,

forse a causa di certa ipertrofia sonora c timbrica, ma

notevole per solidità di struttura e moto delle parti.

Buone accoglienze all’autore, presente.

Ancora 111 campo sinfonico, piacevole, esemplare

audizione dell’orchestra d’archi del « Convegno Mu­

sicale » diretta da Ercole Giaccone, col concono soli­

stico di quel prestigioso violinista che è Enrico Pie-

rangeh : musiche rare e gustose, interpretate con fresca

vivacità di sentire: pagine decorative di Hacndcl (1 bal­

letti dell’opera

A leina),

tre

Fantasie

riccamente contrap­

puntate di Purcell,

Concerti

di Vivaldi c di Pergolesi,

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