

R I CORDO dì
FEDERICO
BOCCARDO
Sono già passati trentasei anni. Pare ieri. Al « Catte
Fiorio * di via Po, non ancora diventato un fastoso bar,
si radunavano artisti, teosofi ed aristocratici di schiatta
aleramica od arduinica. Il « Fiorio » era, allora, la suc
cursale del « Whist », il nobile club cavouriano ed il
contraltare, artisticamente, del « Nazionale », regno
incontrastato di G iacomo Grosso, degli « Specchi »,
dove tenevano cattedra 1 pittori Pollonera e Bottero,
fedeli all’arcigno Marco Calderini nemicissimo di
Bistolfi il quale, però raramente, sedeva ai tavolini
del « Dilev » circondato ed adulati) dai discepoli.
Al « Fiorio » intorno allo scultore Cesare Contratti
ogni pomeriggio (e anche di sera) si radunavano artisti
illustri e oscuri, il maestro Colom b ino Arona, autore
deU’inno « Tripoli bel suol d’amore • su parole di
Giovanni Corvetto, Cesare Reduzzi, Paolo Gaidano,
emulo di Grosso nella ritrattista aulica, il Bonifanti,
Giovanni Grande e, tra i meno anziani, lo scultore
U go Vannucci e i pittori Piero Gallia, Anacleto Boc-
calatte e Petrella, questi due forse gli unici superstiti
del gruppetto
tiano . Il quale era, politicamente
di sinistra, essendo Contratti socialista turatiano di
ferma fede e di buona cultura: severo e mesto. Il ma
nipolo artistico-sovvcrsivo aveva rapporti di buona
vicinanza col gruppo dei teosofi e con quello dei
nobili, capeggiato dal conte Leonzio Balbo di Vinadio,
gentiluomo d ’onore della duchessa Isabella di Savoia-
Genova e dal barbuto ed imponente conte C arlo Via-
lardi di Verrone. Tra il tavolo degli « aristocratici » e
quello degli artisti sedeva, ad un minuscolo tavolinetto
Tetta di bimba - iyr-3
Pi
nutriti, Milano
Decaduta -
1906
Museo
Cii'iVo,
Torino