

Catr di Kivalba
Tavola preparata
SignoM
Aforù
l
rjm ,
Torino
lamiglu bt'ujrJo, rotino
tolcngo », adorava il teatro, c specie il melodramma e
i balli spettacolosi.
N on ho ancora rievocato nè Boccardo nè Garrone.
Vorrei narrare la loro vita umile ed in penombra e
scrivere qualche considerazione sulla loro arte inten
zionalmente piccola nella forma materiale e nella so
stanza ideale. Ne hanno diritto. Chissà!...
Per una meno inesatta valutazione dell’arte di Fe
derico Boccardo (del quale non c ’è cenno neppure
nel troppo consultato e troppo considerato dizionario
del Comanducci) bisognerebbe avere sotto gli occhi
le m igliori opere del « Maestro », molte delle quali
sono state esposte lo scorso aprile, per iniziativa dcl-
l’ .-tawidci'oHc
Culturale J(aliana
e degli
Amici del Museo
Civico,
a cura sapiente e affettuosa di V ittorio Varale.
La mostra, ricca anche di un gruppo di disegni inediti,
religiosamente custoditi dalle figlie è stata una più
clic opportuna, necessaria rivalutazione d i un artista
modesto e Icp1
1 ’nale, riapparendo con i suoi qua
dretti rifiniti alla fiamminga e coi disegni timidi ma
precisi in un clima arroventato e polem ico, tra adora
tori e feticisti del deforme, deH’orrido, del
surreale
più
ermetico o sconclusionato ha potuto richiamare qual
che studioso a quei principi di misura e d ’ordine,
che sono stati le intuizioni originali, i ricon i creativi
di quell’o tto cen to italiano oggi dim inuito di valore
da critici categorici e intransigenti i quali riconoscono
una sola grandezza nella storia dell’arte del secolo
scorso: quella degli impressionisti e dei post-im-
pressionisti francesi.
Non figura eccezionale il Boccardo è, però, una
personalità
inconfondibile, un gentile ed insieme altero
isolato nella pittura dell’ ultimo O ttocen to e del primo
Novecento piemontese. Niente gretto provincialismo
in lu i: niente fontanesismo d ’imitazione e d’accatto.
Sulla sua anima e sulla sua arte nulla hanno potuto le
attraenti e « borghesi » prepotenze di G iacomo Grosso,
l’intellettualismo dannunzianeggiante e retorico di
Leonardo Bistolft e l’intransigenza estetica di Mario
Calderini che, alla fine del secolo e nel primo tren
tennio del Novecen to, facevano il bello e il brutto
tempo nel coltivatissimo campo delParte piemontese.
Boccardo volle e seppe stare solo. Solo con i suoi pre
diletti fiamminghi, con i Gaudenzio e coi Defendcntc
Ferrari della Pinacoteca della quale sarà fino agli ul
timi giorni assiduo frequentatore, am ico devoto dell’al-
lora direttore, il conte Alessandro Baudi di Vesme.
N iente della sua scarsa produzione (oli, acquerelli,
disegni e anche qualche miniatura) che ricordi g li
artisti più famosi e apprezzati del suo tempo: nulla
che rievochi il piccolo mondo borghese del suo con -