Table of Contents Table of Contents
Previous Page  463 / 729 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 463 / 729 Next Page
Page Background

,'sc. Si tratta ili risalirò il corso del C o n g o dal delta

;ino al più alto limite raggiungibile.

Non diremmo che questa esplorazione sia di com ­

pleto gusto del nostro esploratore. Egli parte solo,

questa volta, dopo aver ultimati gli studi della sua

esplorazione in Inghilterra. Il 2 dicembre i

egli

lascia le coste inglesi. Il tempo non è buono e Bove,

che nasconde un certo tondo superstizioso nella sua

anima, non sembra trarne lieto presagio... T ra il

i(t

i il 17 dicembre la nave è 111 vista delle coste africane.

I oceano appare ingiallito dalle crete del grande fiume

equatoriale fino a circa 150 chilometri dalla costa.

«C on quanta gioia — annota G iacom o Bove —

salutammo le gialle acque che il gran fiume spinge

per oltre 100 miglia al largo delle coste africane! ».

Lo sbarco avviene a Porto Banana. Quindi

Bove comincia la sua faticosa navigazione contro

corrente.

Giunge così a V iv i, sede del Governatorato. La

stagione delle piogge equatoriali — che imperversa con

furiosi diluvi dal gennaio al maggio — lo costringe

a sostare e ad attendere. Le accoglienze delle autorità

non sono molto liete. Si cerca evidentemente di render

arduo il compito a questo straniero, che viene a gettar

l’occhio 111 casa d ’altri...

Term inata la stagione delle piogge. Bove riparte

per l’alto C ongo insieme al capitano Fabrello e al

dott. Stassano, italiani, e con una scorta di portatori

negri. La visione dell’alto C o n g o lo delude. Fors’anchc,

sotto la monotonia del paesaggio, egli non intravvede

le possibilità nascoste. E 111 preda a una crisi depressiva,

cui 11011 sono estranei i prim i sintomi del male che

minerà il suo sistema nervoso. Già dal marzo attacchi

di febbre, rilassamento e spossatezza generali lo ave­

vano avvertito che il clima gli era contrario. Il suo

stato di malessere si riflette sopra il paesaggio che egli

scopre. Piuttosto desolante è questa descrizione dcl-

I intcmo tropicale.

« Faticosissima era la strada : orizzonti limitati, gialle

colline, e poi gialle colline; valli profonde e malin­

coniche, fium i e torrenti incassati tra alte e difficili

sponde, sentieri che si inerpicano sul dorso di nude

e rocciose montagne, alcuni ciuffi d ’alberi, e poi sole,

e sole.

Nei tratti dove il piede si sentirebbe più fermo

e la marcia potrebbe essere più spedita, non è che una

successione di erbe tanto alte che vi si camm ina come

dentro un’angusta galleria. I villaggi sono a due o

tre ore di distanza e quasi sempre si riducono a

4.

o 5

capanne, e a una diecina di campicclli coltivati a pi­

stacchio, manioca, banane... ».

Sopra battelli a vapore, 111 cui s’ammassano i pas­

seggeri civili e militari, egli continua a risalire il fiume,

che è come un’immensa arteria sboccante nel cuore

dell’ Africa. Questi battelli marciano a legna; devono

caricarne continuamente, a quintali, per dar forza alle

macchine. Lo spettacolo dev’essere interessante, ricco

di particolari pittoreschi, ma l’attenzione di Bo ve è

distratta dal misterioso malessere che mina il suo o rga­

nismo. Sul finire d ’agosto l’esploratore inizia il suo

ritorno, e, dopo varie vicissitudini, c di ritorno in

Europa alla fine d ’ottobre.

La sua Relazione sul viaggio (uscita nel

Bollettino

licita Società Geografica Italiana)

appare improntata a

un certo pessim ismo; il viaggio lo ha deluso. Così

egli si avvia, passo passo, verso la tragedia. Invano la

m oglie cerca d ’ incoraggiarlo, di sorreggerlo . O ltre ai

malanni fisici, egli ha in sò uno strano rodimento

m orale: si vede circondato di nem ici, e certamente egli

ha contro di sò le maldicenze, gli scetticismi, le stupide

puerilità di molta gente, sedentaria ed inetta.

Dà le dimissioni dalla Marina M ilitare ; diventa di­

rettore d ’ una Società di Navigazione, la « Veloce», e

cerca, nella nuova attività, di ricom inciare il camm ino

interrotto. M a non è impresa da lui.

In una tragica giornata d ’agosto, di ritorno dal

T iro lo , scende a Verona. E solo e triste. Cerca un ne­

gozio d ’arm aiolo e acquista una pistola. L o troveranno

più tardi ucciso in una prateria fuo r della città, bello

anche ncU’attitudinc di estremo riposo.

Ha lasciato una lettera accorata e affettuosa per la

m og lie:

« G iu ro —

scrive — dinanzi a quel D io che

tra poco mi dov rà giudicare che, da quando ci siamo

uniti, io sono incontaminato ed il pensiero di te fu

sopra tutto e sopra tutti ».

E chiude con queste parole:

« Scendo nella tomba col nostro an ello : 7 giugno

1H80, tuo

S in o

».

E ancora un proscritto: «Scendo a Verona per

morire 111 terra italiana ».

Questa è la vita e questa c la tragedia di G iacom o

B o ve . Quale preciso motivo può avergli suggerito, a

soli 35 anni, una fine tanto disperata, d opo una vita

gloriosa, degna d ’esser vissuta anche nei ricordi ;

Probabilmente non si tratta d ’ un preciso m otivo,

ma di tanti m otivi oscuri, indefiniti, com e succede a

co loro che hanno i nervi minati. Un fondo di super­

stizione — da cui non sono immuni i navigato ri —

aveva contribuito ad aggravare in lui un pessimismo

innato e aveva sempre tinto di nero anche le sue più

belle imprese. Alla partenza d ’ogn i sua spedizione —

egli aveva notato — le torze della natura o i giochi

del caso gli parvero sempre avversi. A questi segni

sfavorevo li — tempeste, urti di navi, sinistri — egli

attribuì sempre eccessiva importanza. E g li parve d ’es­

sere un predestinato all’infelicità e alla morte prematura.

NcH’cstrema fase della sua vita egli aveva lasciato

un disperato e indimenticabile aforisma : « Meglio il

nulla che il niente ». Il mente era la vita così detta bor­

ghese, d’ogm giorno; il nulla era la morte.

Ma Giacomo Bove, con la sua tragica fine, ha at­

tuato piuttosto il grande motto degli eroi antichi :

Na­

vigare rucesse est; vivere non est necessariutn.

CURIO MORTARI

17