

c finì per essere riservato ai D ignitari R om an i costi
tuenti il Sacro Co llegio .
A T o rino esistevano cinque chiese cardinalizie, più
una
t .vrr.j
mnros
detta Basilica di San Massimo « in
Quinto » (quinta pietra miliare da To rino , cioè a
cinque m iglia da To rino ): l’attuale Co llegno .
M a prima ancora dell’anno yoo, presso l’ angolo
nord-ovest della cinta romana, era sorta una chiesa de
dicata all’ Apostolo san t'Andrea: chiesa che, insieme a
una torre, il Marchese Adalberto Con te di To rino
diede poi in dono ai monaci benedettini fuggiti dalla
Novalesa per paura dei Saraceni.
Vuole la tradizione torinese che là presso fosse un
antico orato rio eretto da San Massimo 111 onore della
Madre di D io . T re cose cono certe: che San Massimo
nelle sue eloquenti omelìe al popolo inculcò forte
mente il culti) della Vergine M aria; che nel quinto
secolo — auspice il Concilio di E feso vittorioso del
l’eresia di Nestorio — dappertutto nella Cristianità si
dedicarono templi e cappelle in onore della Madre di
D io ; che finalmente nell’antica chiesa benedettina di
S. Andrea si sviluppò e crebbe sempre più di secolo
in secolo la pietà dei Torinesi verso la Madre delle
Consolazion i, tino a tar capo al caratteristico e ma
gnifico Santuario della
Consolata.
* * *
Ed ecco il nostro pensiero, nella tuga dei tempi e
dei barbarici silenzi, risale al monaco di Fruttuaria
che nella sua cella solinga. al lume della lucernetta
claustrale, scrive del R e Ardoino sciogliente il suo voto
alla Vergine Consolatrice apparsagli in taumaturgica vi
sione; e rievoca il cieco di Bnanzonc che valica le
Alpi, gu idato da una luce splendente nell’anima, e
giunto a Pozzo Strada vede la torre di S. Andrea
s f a v illa r g li davanti alle pupille morte, tino a quando
— scavandosi a pie’ della ton v — non ritrovasi fra i
ruderi della cappella ardouiica l’antica immagine di
Maria Consolata.
S ’è parlato di leggenda, di m ito. Ma che troviamo
alla culla d ’ ogni popolo giovane e forte, se non una
poesia ch ’c la nutrice, la rivelatrice lucida e vivente
di ciò che un pop»'lo ha voluto essere e ha aspirato
a divenire ne’ suoi momenti m igliori ?
Una cosa è certissima: che il Santuario della C o n
solata — attraverso ai secoli di p iombo, di terrò, di
fuoco della nostra stona civile — è divenuto il sacrano
delle nostre tradizioni, delle nostre speranze, delle
nostre memorie più care; l’arce sacra della nostra vita
cristiana e civ ica ; la più fedele espressione monu
mentale della nostra anima e della nostra coscienza
collettiva.
Quando noi - penetrati dal senso delle memorie —
ci addentriamo o nella vasta aula del S. Andrea, o
nella tribuna della mistica cappella delle Grazie, o
sotto la rotonda guanniana del santuario, un fascino
indicibile ci prende. Il senso misterioso del divino
parla 111 noi e ci sussurra come a M osè:
I t ili, la terra
(In tu calpesti
è
santa!
Noi sentiamo che là ogni pietra
— di sotto ai marmi ed ai metalli lucenti — trasuda il
senso delle memorie, è impregnata di preghiere, di
sospiri, di lagrim e; voce di secoli, voce di pastori,
voce di prìncipi, voce di monaci meditanti, voce di
santi e di peccatori contriti, voce di popolo suppliche
vole e fidente, grido di anime, p ioggia di grazie e di
consolazioni cadenti dal trono d ’ una Madre pia, ch ’è
ia più vicina alle nostre afflizioni, alle miserie infinite
degli uomini.
★ * *
Là passarono e orarono Papi, come Martino V
C o lonn a e Pio VII Ch ianm on ti; Santi, come V in
cenzo Ferreri e Francesco Bo rgia, Luigi Gonzaga e
C a rlo Bo rrom eo , Francesco di Sales e Sebastiano
Valtrè, e il Co ttolengo e il Cafasso e Don Bosco;
Principi della Chiesa e Principi di Case regnanti. Ve
scovi e Abati, fondatori di milizie religiose e di falangi
missionarie. Là pregarono V itto rio Amedeo II il libe
ratore di To rino , e Carlo A lberto, e C lotilde di Sa
voia la Santa di Moncalieri, e Margherita la prima
R eg in a d’ Italia, e il Duca degli Abruzzi reduce dat
ghiacci polari, e il Duca d ’ Aosta prode animatore e
soldato; e S ilv io Pellico il prigion iero dello Spielberg,
e l'in trep ido sergente Paolo Sacelli; e Cesare Balbo e
Vincenzo G ioberti e Luigi C ib rario , gli spinti magni
della nostra rude gente piemontese; e là impressero
un segno della loro arte Ju v a ra , Guarino Guarini,
Bernardino Galhan . Vincenzo Vela. C a rlo Cepp i...
Tu tto questo torse è ignorato dal nostro popolo,
che prcTerisce affidare i segni della sua riconoscenza a
quelle nulle e nulle tavolette vo tive le quali — a di
spetto di quanto ne scrisse la musa satirica di Alberto
V irig lio — saranno bensì rozze e ingenue quanto si
vuo le, ina iiell atmostera mistica del Santuario sono
una testimonianza immaginosa e un’espressione sin
cera. spontanea, vivace della tradizione e della coscienza
popolare.
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