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ione" sarà affidato al tenente colonnello Pietrabuena,

oadiuvato da tre altri ufficiali. Il coniando « sdenti­

n o ' » sarà affidato a G iacom o Bo ve. E un mezzo suc­

cesso !

Con Bo ve partiranno pure il geo logo prof. Lo-

visato, l’ id rog rafo e studioso d'astronom ia R oncag li,

il botanico dott. Spcgazzim, l'aiutante O ttolenghi e

I servente Bevertito.

La spedizione salpa il 17 dicembre 1 SS 1 da Buenos

Avres, e dopo una tappa a Montevideo, naviga verso

Santa C ru z, città della Patagonia. Il porto, che s’apre

neH’estuario del fiume 011101111110, è ili difficile accesso.

Vi

è un m ovim en to di marea titanico: esso tocca tal­

volta 1 16 metri d ’altezza e sconvolge ogn i piano d ’an­

coraggio. Le coste che s’allungano verso Sud, fino al

labirintico Stretto di Magellano, sono dirupate, for­

midabilmente irte di scogli, quasi continuamente affi­

lati e arrotati dal pauroso travaglio dell’oceano. Il

tragore di questo selvaggio mondo naturale è quasi

inumano.

Il retroterra di questa estrema punta della Pata­

gonia era. 111 quel tempo, pressoché sconosciuto. E i

rilievi di G iacom o B o v e e dei suoi collaboratori ap­

portano dati fondamentali e note nuove alla storia di

questo estremo lembo continentale.

Ma il risultato più importante di questa spedizione

è l'esplorazione dell’ isola degli Stati, fino allora quasi

inaccessibile ai navigatori. Quest’isola dirupata, sel­

vaggia. coperta quasi da una calotta glaciale, è stu­

pendamente evocata nella descrizione del nostro esplo­

ratore :

« T erra orrendamente bella, sepolta nelle lontane

ère da una imponente massa di ghiaccio..., adesso

intricatissimo labirinto di creste aguzze taglienti, che

-.'ergono ardite tra profondi burroni dalle pareti levi­

gate. le quali costituivano forse 1111 tempo le poche

ardite guglie che osavano levare il capo da quel caos

di solido ghiaccili, che con forza irresistibile riduceva

a picco le masse rocciose. Nè l’iroso mare sospendeva

allora la corsa di questa immensa massa di ghiaccio

che spingendosi nelle acque le respingeva da ogni

parte, co lm ava 1 seni formati, incideva più profon­

damente baie e

fio.rds

e copriva, e quindi arrotondava,

tutte le isole sparse all'intorno ».

Il

supremo travaglio delle forze naturali è qui reso

mirabilmente e il processo formativo della squallida

isola ricostruito da una penna romantica, ma decisa

nei particolari.

Giacomo Bove,

111

parecchi giorni di marcia, la

visita minutamente, traendo da questa esplorazione ri­

lievi scientifici e impressioni pittoresche. Questa isola,

quasi messa a sentinella dell’estrema punta della Pata­

gonia,

è nota anche — tra 1 marinai — col tetro nome

di «cimitero delle navi ». Contro di essa andarono per

anni frantumandosi 1 navigli di passaggio, afferrati e

sbattuti dall’ala delle tempeste.

« La mia penna — scrive Bove — è insufficiente a

ritrarre la tristezza con cui vagavo, dopo lo sbarco

lungo le coste dell’ isola, da Capo San Giovanni a

Capo Sant’ Antonio. Tutta la costa è seminata dai resti

di navi infrante: tavole spezzate, alberi troncati, ferri

distorti, polene frantumate. Nei miei momenti d’ozio

andava rovistando quelle tavole, testimoni di miserie

e d’eroismi, 111 cerca di un dato che ne rivelasse la

provenienza;

ma tranne ini remo da zattera

,

che portava

il nome italiano di

I

ergeri, e una tavola in cui era

scritto il nome inglese di Jess, non trovai indicazioni

di sorta

».

Egli assiste anche,

111

quei giorni al naufragio della

nave americana

Pactobus

e vede giungere a riva gli

undici superstiti.

« Ninno potrebbe comprendere la gioia degli un­

dici naufraghi, allorché dal fondo videro la nostra nave

a gonfie vele dirigersi verso di essi e ancorare a poche

centinaia di metri dalla loro tenda ».

La malvagia sorte della

Pactobus

era imputabile ai

pessimi strumenti di bordo che, in una giornata bru­

mosa. avevano segnalato «Terra!» quando la riva

d ’alti strapiombi era ormai troppo vicina e la cata­

strofe inevitabile.

Esplorata l’ isola degli Stati la spedizione di Bove

si dirige su Punta Arenas, in territorio cileno, dentro

il labirinto di.

..u to di Magellano. Cominciano gli

approdi e le soste nella Terra del Fuoco, dove è fama

che gli indigeni siano crudeli e cannibali. Gli scenari

naturali sono grandiosi.

«Ghiacciai, cascate, rocce precipitose, nevi sempi­

terne, densi boschi — annota Bove — compongono

un insieme di bellezza e di grandezza ».

L’esploratorc ha noleggiato una goletta d’un cen­

tinaio di tonnellate, la

San Jose

e su di essa si avventura,

insieme ai compagni italiani, nel dedalo dello Stretto.

Ma la fragile nave, per

1111

formidabile colpo di tem­

pesta, finisce per naufragare. I nostri esploratori dopo

1111

diffìcile salvataggio, fanno un attendamento di for­

tuna tra le coste dirupate dove, annottando, scende

fìtta la neve. Attesa desolata.

Una scialuppa, salvatasi dalla catastrofe, si mette

111 mare con alcuni volonterosi per andar a chiedere

aiuti al bastimento

Alien Gardiner

ancorato ad Uscmaia.

Nel frattempo Bove, e

1

compagni con lui rimasti,

sono accerchiati da una banda di « tueghini » armati

d’archi c di frecce. Ma gl’indigeni, al parlamentare,

si dimostrano buoni diavoli assai più clic non lascias­

sero supporre le precedenti relazioni di viaggio.

Finalmente i naufraghi sono raggiunti dalla spe­

dizione di soccorso inviata

òaìYAliai Gardiner.

Così ha

fine anche questa nuova avventura c, con essa il viaggio

di Giacomo Bove, che toma a Buenos Ayres, ricevuto

c im i

grandi manifestazioni dall’ istituto Geografico Ar-

genttno.

Meno lieto è il ritorno in Italia, ove l’esploratore

ha una accoglienza piatta, e trova le diffidenze buro­

cratiche del Ministero della Manna. Egli ne c accorato

e da Roma riversa la sua pena in

una lettera

alla

moglie.

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