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miNUOVE INCOHTRUEANTICH

Una volta, trent anni ta, uscivo volentieri ili sera

per osservare lo stato della illuminazione pubblica e

la illu:

lunazione

delle botteghe. Anche ora, per la

torza della tradizione e per il richiamo degli istinti,

se mi trovo per via quando i lumi sono accesi - che

oggi succede sovente per la breve durata del giorno

sono spinto verso indagini compagne. E una delle

tante manifestazioni della tendenza della vita a ripe­

tersi.

Xiitur.im

expellet fiirùi...

Nel solitario vagare sui marciapiedi cittadini

astraggo a tratti dalla realtà presente, per mudarmi

nel passato, anche in quello conosciuto solo per sen­

tito dire. I riveggo via (ìaribaldi, l’antica via Dora-

grossa, illuminata nel i X46 con le fiamme a gas a

ventaglio, e nel 1S91 con le lampade elettriche ad

arco, prima ai fianchi poi al centro della strada. Cam­

biati' il sistema della corrente da continua 111 alternata,

furono applicati a quelle lanterne dei grandi cappel­

loni che. se consentivano di notte una migliore uti­

lizzazione della luce, parevano di giorno voler oscu­

rare li cielo. Nelle strade, che per la minor impor­

tanza non avevano archi elettrici

ed erano la stra­

grande maggioranza — la fiamma a gas a ventaglio

veniva sostituita, intorno al 1900, dalla reticella incan­

descente Auer. I negozi, che a quel tempo 11011 ave­

vano sporti così ampi e cosi numerosi, seguivano, con

il ritardo della legge di inerzia, 1 progressi dell’epoca:

gran parte erano illuminati con becchi a gas Auer,

che davano una luce più chiara e più economica della

lampadina elettrica con filamento di carbone, alcuni

con lampade ad arco: dal 1911 in avanti si generalizzò

I impiego della lampadina .1 incandescenza a filamento

metallico, la quale consumando 1 watt per candela,

come allora si diceva — di fronte ai filamenti di

carbone, che richiedevano 3.5W cand — fu chiamata

«monowatt ». e tu poi sostituita, finita la prima guerra

mondiale (1915-1918). dalla lampada detta scorretta­

mente « mezzowatt ». .1 cui, nelle condizioni più favo­

revoli. bastava mezzo watt per dare una candela di

luce. Qualcuno fra 1 meno giovani ricorderà certo, al

sentirne riparlare, questi termini come pure che, fra le

altre indensità luminose c era la 16 candele: e perche

non 15 o 20 candele? (Ih è che 16 candele era stata

l’intensità media orizzontale del beccuccio a gas a

farfalla, e il progresso, almeno nei primi momenti,

non aveva voluto disturbare le abitudini.

* * *

Oggi, al termine * candela » che misura la luce 111

una sola direzione, abbiamo sostituito il termine

* lumen ■> che misura la luce nel su»' complesso. Il

becco Auer consumando 100 litri gas all ora dava

>00 lumen, l'incandescenza elettrica (filo di tungsteno)

dava 500 Ini col consumo di 50 W ; ai prezzi di allora

— e si potrebbe dire anche di oggi — del gas e del­

l'elettricità. 1 costi orari dei due tipi di lampade si

equivalevano. Se fosse stati' diverso, non si sarebbe

potuto capire la coesistenza per molto tempo dei due

sistemi: 1 economia e il commercio hanno le loro leggi

indefettibili.

Fu la prima guerra mondiale, con la sospensione

degli arrivi di tossile, .1 determinare l’immatura tuie

del gas illuminante: nell’estate del 1917 1 becchi a gas,

già scomparsi dalle abitazioni e dai negozi, abbando­

navano in tutta fretta le ultime vie di Torino; il loro

posto era stato preso dalla lampada elettrica a tungsteno

da so candele (oggi 500 lumen),

E le lampade ad arco • Esse fin allora avevano rap­

presentato il dominio delle forti potenze luminose,

aureolate come da un prestigio di nobiltà cui la lam­

pada a tungsteno doveva abbattere 111 breve tempo.

Le prime lampade ad arco (arco tra carboni puri),

che illuminavano corso Vittorio Emanuele, via Roma,

via Garibaldi, ecc., davano da 3000 a 6000 lumen con

il consumo di soo W; successivamente, a partire dal

1905, il rendimento (arco tra carboni mineralizzati)

potò salire a 40 lm W ; 1 negozi più 111 vista si adorna­

rono di quest’ ultimo tipo; nell'antica via Genova (ora

via S. Francesco d’ Assisi) nel 1912 comparvero delle

lanterne che consentivano una durata dei carboni 11011

delle solite 10 o 15 ore. ma di 100 a 120 ore. L’arco

.1 fiamma sporcava molto per 1 turni che emetteva, e

la breve durata degli elettrodi per tutti gli archi 111

genere costituiva una noiosa servitù ed una onerosa

spesa; cosicché allapparne della nuova lampada a

tungsteno (filo incandescente attorniato da un’atmo­

sfera di gas inerte), la quale poteva rendere sino a

20 lm W. con durata supcriore alle 1000 ore. le lam­

pade ad arco videro segnata la propria sorte.

* * *

E qui }\

t

concatenazione d’idee 1111 vengono alla

mente 1 bilanci d’ un tempo per la illuminazione pub­

blica cittadina. Nel 1914. allo scoppio della prima

guerra mondiale, Torino era illuminata da 7617 fanali

a gas, 506 archi elettrici e 425 fanali a petrolio, per

1111 totale di 8548 lampade e 7.350.000 lm. Gli archi

elettrici, suddivisi in parti eguali 111 circuiti diversi per

funzionamento a tutta notte e metà notte, restavano

accesi 111 media 2850 tire all'anno, gli altri fanali

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