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scultore

Nato sullo scorcio del secolo scorso nella Valle

d’ Antrona in cospetto delle Alpi che confinano con

la Svizzera, Angelo Balzardi è un autentico tradi­

zionalista, sempre che si intenda il vocabolo tradi­

zione in puro senso italiano. E cioè un artista che vive

nel suo tempo e che da quello trac la linfa migliore

e vitale, linfa che in terra d’ Italia non può non rappre­

sentare una continuità logica ed ideale con le più pure

e vitali tradizioni del passato. Allievo per ben due

volte, ncH’antc-gucrra c nel post-guerra dell’Acca­

demia Albertina di Torino, egli si formò sotto Cesare

ZtKchi, l’autore del Monumento a Dante a Trento

che ispirò al Carducci la nota ode, e il Contratti. Fi­

gura dominante in quei tempi era quella di Leonardo

Bistolfi, figura che, non esitiamo a dirlo, ha avuto

post-mortem

, quella che in gergo si chiama una « cat­

tiva stampa », tanto sulle effimere colonne dei quoti­

diani specialmente piemontesi quanto su quelle che per

essere destinate ad una maggiore durata, e cioè quelle

lessicografiche ed enciclopediche, dovrebbero essere no“ Psiche „ (Particolare del bozzetto per il concorso al monumento Mirro).

bilmente oggettive e non fegatose o partigiane come

ci accadde di leggere, a proposito appunto del Bistolfi,

nel

Grande Dizionario Enciclopedico

edito dalla U .T .E.T .,

sotto la direzione del Senatore Pietro Fedele.

Tornando al Balzardi, quel che è certo si è che,

segnatamente guardando alle sue prime opere, si può

ravvisare nello statuario casalcse un suo maestro

ideale.

Durante l’ultimo anno di frequenza dell’ Accademia

Albertina, il Bistolfi, cui il Balzardi era sconosciuto,

gli assegnò, su oltre trenta concorrenti di ogni parte

d ’ Italia, il primo posto nel concono per il monu­

mento ai Caduti di Domodossola. Si era nel gen­

naio del 1922, e già nel bozzetto, che fu tradotto in

realtà nel 1926, pur attraverso ad una plastica più rea­

listica, ad una sodezza di carni non immemore dei ca­

noni classici, si avverte, originalmente assimilato, un

fare bistolfiano che non menoma le qualità dell’esor­

diente scultore. Scriveva Emilio Zanzi nella rivista

Le Arti belle,

Torino 1926, a proposito del Balzardi

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