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I L V I L L A G G I O

MIRAFIORI

Quando, circa cinquant anni fa, cominciai a stu­

diare le condizioni dell’abitazione popolare, in un

modo diretto, cioè a mezzo di una inchiesta perso­

nale. mi avvidi che ero di fronte ad uno dei problemi

fondamentali della società. E presto giunsi ad alcuni,

sicure illazioni: casa sana, accogliente, di ampiezza

sufficiente è uguale a salvezza e vigore della famiglia;

sanità, moralità, benessere della famiglia conducono

alla grandezza ed alla «felicità ». secondo una vecchia

terminologia, della nazione.

Se le classi lavoratrici non sentono il valore della

abitazione è segno che sono ancora lontane dalla civ-

scienza del loro valore nella società. Se. a sua volta,

lo Stato non compie uno sforzo adeguato e continua­

tivo per concedere a tutti la possibilità non di un rico­

vero qualsiasi, ma di una abitazione degna, anche se

modesta, una vera civiltà sarà ancora lontana.

Questi concetti mi furono di guida nell’azione che

condussi, sotto le più varie forme, per l’abitazione

popolare e, quando, in prossimità della Costituente,

delincai le basi della nuova « Carta • in materia eco­

nomica s»>ciale, non mancai di chiedere che del diritto

alla casa sana, accogliente, sufficiente, si tenesse conto,

per ricordare che all’ impegno di elevare le condizioni

delle classi più numerose si dovesse tener fede. Pur­

troppo la costituzione non contiene che un parziale ed

inadeguato accenno al problema, quando, all’art. 47,

determina che la « Repubblica favorisce l’accesso del

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risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione ».

Dopo un esordio, più animato da spirito carita­

tivo che vigorosamente sociale, si riuscì a creare anche

111 Italia specie dopo il 190S un certo movimento .1

favore degli alloggi delle varie categorie lavoratrici.

Il rapidi' inurbamento di vasti strati di popolazione

rurale, per effetto dell'iniziato sviluppi industriale,

spinse insieme l'attività privata e la pubblica a nume­

rose iniziative del genere. Ma le guerre dovevano pa­

ralizzare anche questa azione. L'ultima fece di più.

Con le sue vaste e selvagge distruzioni accrebbe il

numero dei non alloggiati e dei malamente allog

giati, determinando un’acuta « fame di case », tanto

grave, tormentosa come quella di cibo.

La nostra città, una delle più colpite dalle incursioni

aeree, vide accrescere il suo disagio edilizio. Essa, con

circa 700 mila abitanti, non possedeva che 626 mila

stanze, cioè meno di una per abitante. Ne furono com­

pletamente distrutte 42.417, sinistrate in modo più o

meno grave 1S9 .174, dimodoché circa un terzo della

popolazione venne a trovarsi o priva degli antichi

alloggi o costretta ad acconciarsi in alloggi parzial­

mente inabitabili.'

A questa situazione la sola iniziativa privata avrebbe

potuto provvedere, 111 un tempo più o meno breve.

Difatti, nel passato, si erano potute costruire, 111 una

sola annata. 23.424 camere (193s) o ancora più: 37.4X5

(1930). Ma lo slittamento della moneta, risultato di