

molteplici altri fattori che si conoscono, aveva accre
sciuto enormemente il costo delle costruzioni, sicché
si presentavano due problemi arduissimi: quello del
finanziamento e quello del reddito del capitale inve
stito. I privati si ritirarono perciò interamente dalla
attività edilizia popolare, tentarono quella di lusso e
quella media, ma fu presto esaurito il modesto numero
di famiglie che possono investire 5-10 milioni per un
alloggio o pagare affitti di 120-200 mila lire annue.
D ’altra parte il blocco degli affitti, anche a favore
degli alloggi dei ricchi, rendeva piccolo il numero di
quelli che aspiravano a nuovi alloggi.
V i sono cifre che sottolineano la gravità della pa
ralisi costruttiva a cui Torino e giunta. Nel 1945 il
Municipio approvava 168 progetti per 112 7 vere ca
mere e nell’anno successivo si constatava che ne erano
state costrutte 862. Nel 1946 pareva annunciarsi una
ripresa confortante. I progetti erano saliti a 781 e le
camere a 4903. Purtroppo non se ne trovarono com
piute che 386 al momento dei permessi di abitabilità.
Solo alla fine dell’anno in corso sapremo quante delle
9202 camere progettate nel 1947 furono costruite.
Era facile immaginare quello che sarebbe succeduto:
migliaia di famiglie torinesi dovettero adattarsi agli
alloggi di fortuna occupati nel periodo di sfollamento
in paesi più o meno lontani dalla loro attività profes
sionale; migliaia di famiglie dovettero acconciarsi a
coabitazioir
ente pericolose o moleste o a semplici
ricoveri angusti, umidi, malsani, in promiscuità peri
colose dal lato igienico e morale.
Quale sia il fabbisogno presente di camere non è
agevole dire. Si può, ad ogni modo, presumere che
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