

bella loggia ed il suo imponente portone, e nel 1679
la chiesa di SS. Maurizio e Lazzaro in stile barocco,
bizzarra ed unica nella sua forma ottagona.
Venne poi l’apoteosi del siciliano Filippo Juvara
che portato a Torino da Vittorio Amedeo II, per
vent’anni profuse la patrizia impronta della sua arte
brillante, fantastica ed ardita in chiese, altari ed edifici
privati che sono ancora oggi tra i più belli della Città.
Sua la chiesa di San Filippo, col magnifico pavimento
in legno, che ideata nel 1679 da Padre Guarini e rovi
nata nel 17 14 fu da lui ricostruita in uno stile luminoso,
austero e solenne ed arricchita di un magnifico altare.
Suo, anche, il rifacimento della facciata della chiesa di
Santa Cristina — eretta nel 1639 — un gioiello in
marmo granito di Bavcno; la facciata del Palazzo Ma
dama, in stile rinascimento, che egli seppe rendere
stupenda pur lavorando su una vecchia opera già
toccata da tutte le epoche; l’entrata monumentale
dello stesso palazzo ed il bellissimo scalone. Il capo
lavoro del Juvara rimane però la Basilica di Superga
che egli cominciò ad erigere nel 17 17 , costruzione di
un’armonia perfetta e di una solenne e mistica gran
diosità con le sue bellissime colonne corinzie che so
stengono l’agile cupola fiancheggiata dai due svettanti
campanili, a cui solo può essere paragonato il Duomo
di San Giovanni che, costruito nel 1491-98 dall’archi
tetto Meo del Caprina sulle rovine di una chiesa lon
gobarda, torse edificata da Teodolinda e dal Duca
Agilulto, è uno dei più belli, se non il più bello, esem
plare dello schietto stile rinascimento nella serena bel
lezza dei suoi cornicioni e dei suoi pilastri appena
profilati.
Ma Torino non è, naturalmente, tutta qui: palazzi,
chiese ed opere d’arte non fanno logicamente una
città; ma opere d’arte, chiese e palazzi sono però
l’espressione di essa, così come il più tenero germoglio
lo è della terra che lo genera e che più feconda è, più
rigoglioso fa crescere il suo frutto. E se esatta è la defi
nizione secondo cui il valore della vita di ogni indi-
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viduo deve misurarsi sul metro del ricordo che di lui
rimane dopo la sua morte, così il valore spirituale ùi
un popolo noti può essere espresso che dai segni arti
stici da esso lasciati nel susseguirsi dei secoli.
Popolazione allegra, certo, amante della vita co
moda e delle feste e, come la definì anche l’epigramma
di Cesare Scaligero «
gens Lieta, hilaris addicta choreis.
S i i curans (juictfiiid crastina luna vehat »,
ma che fece
anche dire a Mario Foscarini clic « li popoli del Pie
monte sono andati cangiando costume in guisa che
mettendo i primi a confronto di questi d’ogg i non
paiono usciti da un paese medesimo ».
CLAUPINA CASASSA
li N M Naora
(Dipinto di ignoto, fine secolo XVtl o principio XVIIT. Musco Civico di Torino)