

mancano tuttora 40 mila camere delle 42.417 distrutte,
12 mila di quelle gravemente sinistrate; alle 52 mila
inesistenti se ne dovrebbero aggiungere circa 18 nula
per ricoverare i nuovi affluiti nella citta.
Ma come provvedere a questi infelici, giustamente
invocanti un alloggio sia pure modesto, quando nessun
privato mostra la volontà o la convenienza di prov
vedere? Si è detto: «tutta colpa del blocco degli
affitti. Eliminatelo e l'industria privata provvederà». Si
può rispondere che certo l’avere voluto togliere ad
una grande industria lo stimolo di un qualsiasi utile, l’ha
ridotta al lumicino. Ma quasi nessuno costruisce anche
se gli affitti delle case nuove sono liberi; perchè non
esiste una sufficiente clientela per corrispondere le
locazioni da 25 mila a 50 nula lire annue per stanza.
Da queste constatazioni è nata la necessità di prov
vedere, per il
periodo di emergenza,
con l’intervento
dell’ Ente pubblico. Come lo Stato, le provinole, 1
comuni, ricostituiscono 1 ponti, gli argini quando una
alluvione tutto ha travolto, così la solidarietà sociale
ha l’obbligo di intervenire per impedire che uomini,
donne, fanciulli rimangano senza quel minimo di ri
covero che li preservi nel corpo e nello spirito.
Non si tratta di orientamenti ideologici, di pre
ferenze politiche; si tratta semplicemente di doveri
morali. Gli antichi monarchi assoluti predisponevano
gli alloggiamenti, quando intendevano innalzare qual
che eccezionale fabbrica. Gli industriali moderni alli
neano case per impiegati ed operai accanto agli edifici
per le loro macchine, quando debbono sorgere in
località non abitate. Che v ’è di strano se i comuni
vogliono salvare dall’avvilimento, dalle malattie parte
dei loro amministrati, quando ad essi nessuno vuole
provvedere ?
C era, a questo punto, una seconda scelta da com
piere: costrurre case in un none o nell’altro oppure
iniziare un quartiere nuovo, dotandolo di tutti i ser
vizi necessari ?
Pur non rinunciando alla costruzione di edifici
10
isolati in qualche zona che ne abbia particolare bi
sogno, l’amministrazione comunale ha preferito adot
tare anche per Torino quel metodo che è 111 atto in
tutte le nazioni moderne, studiare cioè piani regolatori
di zone in cui le singole case possano essere orientate
nel modo migliore dal punto di vista della soleggia
tura e della luce e si trovino quasi immerse nell’abbon
danza del verde, propizio agli occhi ed alla respira
zione, quindi alla vigoria degli abitanti.
A questi criteri obbedisce il progettato quartiere
di Mirafiori, alla cui impostazione hanno contribuito
gli uffici del Comune ed i valorosi architetti dell’ isti
tuto locale di Urbanistica. Esso avrà non solo case a
cinque piani, ma casette in serie con piccoli giardini
ed orti e, verrà dotato di quegli edifici di uso collet
tivo, che sono indispensabili in una convivenza civile,
dalla chiesa al cinematografo, dal nido per i lattanti e
gli slattati alle scuole.
Disegnato, predisposto il piano regolatore, si sono
promossi due concorsi, uno per i migliori tipi di case
e di alloggi, l’altro per la migliore organizzazione del
centro del quartiere.
Si è prevista una spesa di circa 5 miliardi, per un
complesso di 10 mila camere e se ne era predisposto
il finanziamento sulla base del concorso promesso
dalla legge nella misura del 5 0% . Ma non essendo
seguiti alle promesse i fatti le costruzioni hanno
potuto essere iniziate sul luogo solo dall’istituto delle
Case Popolari e dallo Stato su terreni donati dal Mu
nicipio, per un complesso di circa 1000 camere.
Ora si su predisponendo un prestito cittadino,
come ha annunciato il Sindaco Dott. Coggiola.
Attenuare, ticlla più larga misura possibile il di
sagio di tanta parte della nostra popolazione lavora
trice, e un impegno di tutte le coscienze. Noi confi
diamo che i cittadini, specie quelli che hanno la fortuna
di essere convenientemente alloggiati, sentiranno il
dovere di aiutare i loro fratelli martoriati.
(ilULK)
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