

Ma non siamo forse così tornati, con questo quadretto nivale, al clima apologetico
del De Amicis che non esita a convocare in una piazza Castello trasfigurata il Risorgi–
mento più eclettico? La figurina lunga e segaligna del nobile rampollo di casa Taparelli
(destinato a diventare appena quattro anni dopo presidente del Consiglio), che va a
udienza dal suo re,
è
infatti di quelle che inevitabilmente si annettono ai via vai di un
ex-voto risorgimentalista devotamente postumo. Del resto - ne abbiamo dato avviso–
quando si tratti di incursioni in passi e passeggi letterari,
è
quasi fatale che gli anni
entro cui pescare ballino una fragile danza di riflessi incrociati. E non a caso sarà pro–
prio l'ultimo Faldella, storico aneddotico del Risorgimento che pesta le stesse orme
dell'ultimo Bersezio, a scrivere di suo: «Noi dobbiamo serbare viva nell'anima ricono–
scente la storia popolare del Risorgimento italiano, formarcene la salutare leggenda»17.
Prelevando allora da un romanzo calato negli anni immediatamente postunitari -
esattamente quelli in cui Bersezio scrive
La Plebe
-
non mi impedirò di citare ancora,
per chiudere, una pagina di Roberto Sacchetti, protagonista della stessa generazione
"scapigliata" di Faldella, il quale in
Vecchio guscio
(1979), romanzo apparso sulle
appendici milanesi del «Pungolo», dedica buona parte del capitolo V
(I.;avventura di
Anna)
alle vicende del carnevale. Una citazione - beninteso - che non ha altro scopo
se non
di
sottolineare come tra i passeggi letterari dei portici non vadano dimenticate
le grandi occasioni dei cortei celebrativi o delle sfilate allegoriche, ossia i passi strari–
panti dei torinesi che convergono in massa dai quartieri più periferici per le feste dello
Statuto o per le sfilate carnevalesche
18 •
Non accennerò, dunque, che al primo movi–
mento del minuzioso racconto di Sacchetti:
Era mezzogiorno. TI mezzogiorno chiaro ed allegro di un bel giorno
di
festa. Sotto i portici i barac–
coni si tappavano in furia, rumorosamente, le botteghe si chiudevano; i commessi mettevano le
bande e le lavoranti spulezzavano, si sparpagliavano come stormi d'angeli lasciandosi dietro
il
gor–
gheggio del loro chiacchiericcio e lo schiocchio delle risate argentine. I portici già si riempivano
di
una folla seria, opulenta, tutta borghesia che aveva anticipato
il
suo desinare penetrata dalla grave
sua missione
di
far pubblico e dj fornire la prima riga della cronaca della giornata. «Fin dal mezzodì
le vie della città erano piene di un'insolita animazione»19.
Tutto si sta preparando per la parata delle allegorie regionali e l'ironia del tratto
non incrina lo sguardo di una giornata sfolgorante di animazione e di colore, su cui
sarà se mai ancora De Amicis (chi ci ha aiutato a iniziare ci aiuta anche a finire) a get–
tare uno sguardo patentemente in allarme, inequivocabilmente inzuppato
di
corruccio:
si ruppe un'altra volta l'onda umana della gran piazza, in mezzo a un frastuono diabolico, e anche
prima d'arrivare in via Po,
il
tranvai era stracarico. V'era una mescolanza
di
cappellini fioriti, di
chepì,
di
tube,
di
capigliature arruffate,
di
berrettine rosse e
di
cappelli a pan
di
zucchero e
di
cap–
pucci di maschere, un pigia pigia di gente con l'argento vivo addosso, che lanciavano risa e grida,
come scoppi di razzi e
di
petardi, agli altri tranvai che passavano; dai quali rispondevano altre boc–
che spalancate e braccia fendenti l'aria, come da tanti gabbioni di matti
2o .
al tiro di pistola, dove si esercitò per un'ora,
fu
al caffè
Fiorio dove mostrò al bigliardo una valentìa maggiore
ancora del solito, andò a pranzo da Trombetta, e fece
meravigliare i commensali della tavola da pasto della
vivacità e dell'allegria del suo umore e del suo ingegno;
poscia, fumato un sigaro d 'Avana passeggiando lunga–
mente tra la calca dei portici, andò a casa a vestirsi coll'a–
bito nero, ed entrò verso le nove co' suoi guanti paglieri–
ni freschi freschi alle mani nel caldo ambiente della pla–
tea del Teatro Regio»
(ibid. ,
parte prima, cap. XXIV,
p.144).
17
GIOVANNI FALDELLA,
Il Gran Ministro,
in ID.,
Pie–
monte ed Italia ,
Torino, Lattes, 1911, p. 14.
18
Molti spunti che meriterebbe riprendere in PIERA
CONDULMER,
Via Po "regina viarum",
Torino, Centro
Studi Piemontesi-Ca de Studi Piemontèis, 1985.
19
ROBERTO SACCHETTI,
Vecchio guscio,
Milano, Serra
e Riva Editori, 1984, p. 180.
20
EDMONDO DE AMICIS,
La
ca"ozza di tutti,
Torino,
Viglongo, 1980, pp. 62-63 .
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