

Gli uomini:
Massimo d)Azeglio torinese) italiano) europeo
di Georges Virlogeux
il
15 settembre 1839 Massimo d'Azeglio scriveva alla moglie: «finisco i conti con
Calcina, e poi me la batto, e quando sia sul ponte di Ticino, mi volto verso il Piemonte
e gli fo' un crocione che ha da tener dieci miglia di paese»l.
La storia del rapporto tra Massimo d'Azeglio e Torino è una storia passionale, di
amore e di insofferenza: quante furono le separazioni tanti furono i ritrovamenti, l'ul–
timo dei quali, dopo quello decisivo del 1849, fu probabilmente dovuto al fatto che
l'Italia unita non mantenne le promesse dei suoi albori e lo deluse al punto di fargli
trovare nel suo Piemonte natale, tra Cannero e Torino, l'ambiente più consono alla
sua coscienza morale e politica, all' animo suo e il miglior rifugio alla sua mente stanca.
Nato a Torino nel 1798, ne fu allontanato nel 1800 per volere del padre e trascorse
l'infanzia e la fanciullezza a Firenze, innamorandosene per sempre. Strappato a Firen–
ze nel 1807 per volere dell'imperatore, tornò a Torino fino al 1814, e, in un 'atmosfera
gesuitica di
plumbeus auster
e sotto ferula pretina, vi proseguì gli studi. Una breve
scappata a Roma al seguito del padre dal giugno 1814 al febbraio 1815 gli diede final–
mente il «sentimento di esistere», e gli rese più pesante ancora il ritorno successivo.
Dal 1815 a tutto il 1818 fu di nuovo a Torino, dove alternò vita scapestrata e vita
esemplare. Un nuovo soggiorno a Roma e a Napoli lo allontanò fino al maggio 1820.
Durante l'estate di quell'anno, una breve esperienza artistica lo persuase dell'impossi–
bilità di «vivere in pace» col mondo torinese d'allora, genialmente adombrato nel
salotto della vecchia marchesa Irene d'Crsentin. Si aprì allora la grande stagione arti–
stica romana, che durò dal novembre 1820 ai primi del 1828, più di sette anni, inter–
rotti soltanto da una breve vacanza a Torino e a Courmayeur. Esaurite le gioie e i pia–
ceri della
bohème,
fatto più maturo dalla delusione di un amore giovanile e infelice,
padre di una bambina, se ne tornò nella Torino di Carlo Felice a sondare il mercato
artistico e letterario, tirocinio fecondo ma vissuto con quella «specie di mancanza d'a–
ria respirabile da non potersi descrivere»2. E scappò ancora, questa volta a Milano,
per un nuovo ciclo, più lungo di tutti i precedenti, di oltre tredici anni, dal 1831 al
1844, in cui diede tutta la misura della sua versatilità d'ingegno, ma che fu punteggia–
to da due esperienze coniugali infelici, la seconda delle quali gli fece eleggere a pro–
prio domicilio «la strada maestra» nel 1844. Durante questo periodo, i ritorni in Pie–
monte, prima in montagna e nel feudo di Azeglio per le vacanze, poi a Torino per la
liquidazione del patrimonio ereditario, poi a Rivalta e Envie per cercarvi la tranquillità
sentimentale, si fecero sempre più regolari e prolungati. Tra il 1844 e il 1848, Massimo
tornò soltanto tre volte a Torino, ma fu un ritorno più decisivo. Una prima volta nel–
l'autunno 1845 per incontrare Carlo Alberto e rendergli conto della cosiddetta
tournée
in Romagna; una seconda volta durante la primavera del 1846; e una terza
I
MASSIMO D'AZEGLIO ,
Epistolario,
a cura di
G EORGES
VIRLOGEUX,
Torino, Centro Studi Piemontesi, I (1 8 19-
1840), 1987 ,
pp. LXXXV-533 , p. 430. D'ora
in
poi:
Epist.
2 M ASSIMO D'AZEGLIO,
I miei ricordi,
a cura di
ALBER–
TO MARI A GI-IISA LBERTl,
Torino, Einaudi, 1949, p. 345.
D'ora in poi:
Ricordi.
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