

ze delle teste riscaldate». In quell' occasione monsignor Antonucci rispose «essere
anche questa la mente del Santo Padre»28.
La situazione politica in Piemonte, così come nel resto d'Italia, in seguito ai primi
atti ufficiali di Pio IX andava sempre più radicalizzandosi. Se l'enciclica del dicembre
1846 ai vescovi dell'orbe cattolico aveva prodotto «sulle persone buone ed assennate»
un effetto meraviglioso, ne aveva avuto uno pessimo «sopra lo spirito dei sedicenti
filosofi del secolo»29. E tuttavia l'equivoco di un papa liberale e nazionale continuava a
essere sollecitato artatamente dai liberali anche nell'opinione pubblica piemontese
come nel resto d'Italia. I rapporti del nunzio a Torino dovevano registrare quasi gior–
nalmente le manifestazioni di giubilo dei torinesi rivolte al re e le grida di evviva che lo
accomunavano a Pio IX con l'auspicio della liberazione dell'Italia dallo straniero.
Ma gli equivoci non erano destinati a durare a lungo. Le riforme amministrative, a
incominciare da quelle della scuola, rappresentavano un giro di vite nei confronti della
libertà del clero regolare e secolare; e se ancora nel dicembre 1846 Carlo Alberto si era
impegnato a proteggere i gesuiti dalle intemperanze politiche, a Torino le grida contro
la Compagnia di Gesù accompagnavano sempre più quelle a favore di Pio IX. Scrive–
va, ad esempio, il nunzio a proposito della manifestazione del 22 ottobre 1847:
L'altro ieri verso le ore 9 della sera si riunì molto popolo sulla piazza di questa capitale detta S.
Carlo innanzi la residenza del Governatore di Torino, e si pose a gridare viva Pio IX, viva Gioberti.
Si divise esso quindi in vari gruppi , ed alcuni si recarono innanzi l'abitazione del ministro d'Austria ,
altri innanzi la Casa Professa dei Ges uiti, e gridarono abbasso i Tedeschi, abbasso i Gesuiti. Il
Governo fu sollecito d'inviare la forza ch'intimò loro di tacere, e tutti ubbidirono, e si ricondussero
pacificamente alle respettive abitazionj3o.
E tuttavia sembrerebbe che nei suoi rapporti il nunzio apostolico cercasse di evitare
di sottolineare il carattere anticlericale di quelle manifestazioni, bensì di mettere in
risalto la docilità della popolazione torinese, nonostante qualche sua intemperanza, e
l'entusiasmo nei confronti del loro sovrano, che toccò il diapason con la stipulazione
della Lega doganale e con le riforme della pubblica amministrazione che preannuncia–
vano la concessione dello Statuto. Ne dava ancora il nunzio una testimonianza in occa–
sione della partenza del re per Genova nel novembre 1847, mostrando forse di non
essere insensibile a quell' entusiasmo:
Questa popolazione volle di nuovo attestare i sentimenti della sua profonda riconoscenza per l'im–
partito benefizio. Un popolo immenso pertanto si era recato nelle vie che dal Palazzo Reale condu–
cono al Ponte del Po per dove passar doveva Sua Maestà, ch'erano abbellite da' drappi che pende–
vano dalle fenestre , e dai balconi. La maggior parte delle persone si vedevano fregiate della coccarda
nazionale, e coll'iscrizione Viva Carlo Alberto Padre della Patria, Viva l'Italia
31 .
28
Antonucci a Gizzi, Torino,
3
ottobre
1846,
n.
16,
ASV,
Segreteria diStato,
1846, rubr. 15
cit., ff.
139- 140.
29
Antonucci a Gizzi, Torino,
18
dicembre
1846,
n.
40, ibid.,
ff.
183-184.
436
30
Antonucci
a
Gizzi, Torino,
24
ottobre
1847,
n.
107,
ibid. ,
fase.
2,
f.
105.
31
Antonucci a Ferretti, Torino,
4
novembre
1847,
n.
11O,
ibid.,
f.
240.