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Officine e manzfatture

di Pier Luigi Bassignana

TI peut se rencontrer des etrangers, qui, en parcourant les environs de Turin, a la vue des édifices

nombreux qui existent sur les rivières, soient curieux de connoltre le nombre des moulins qui ser–

vent aux besoins de la manutention de la Capitale; nous allons les satisfaire. TI n'existe point dans le

pays de ces moulins

à

vent que l'on voit dans beaucoup de villes de France; le nombre des rivières et

des canaux ont

[sic]

suffi pour l'établissement de moulins à eau [. ..] Près de ces moulins il existe

[...] autres édifices pour le service de Turin et de la banlieue; tels que martinets, scies-à-bois, pres–

soirs pour l'huile, machines pour la chanvre, pilons pour les tanneurs etc.

l .

TI richiamo di Paroletti ai mulini che punteggiano fiumi e canali aiuta a comprende–

re la fisionomia produttiva di Torino non soltanto per il periodo della Restaurazione,

ma anche per tutto il resto del secolo

XIX,

sino a quando farà la comparsa l'elettricità.

Va detto subito, infatti, che Torino ha fatto la rivoluzione industriale prescinden–

do quasi completamente dall'impiego della macchina a vapore, ma al contrario con–

tinuando a sviluppare e a perfezionare la ruota idraulica, per poi passare direttamen–

te alla turbina idroelettrica. In una regione nella quale il legname scarseggia e il car–

bon fossile

è

del tutto assente, la macchina a vapore finisce inevitabilmente per avere

una funzione residuale, di strumento da utilizzare occasionalmente per fronteggiare

eventuali secche dei corsi d'acqua, o da impiegare accoppiata alla ruota idraulica per

ottenere potenze superiori a quelle normalmente richieste. Ciò spiega perché, ancora

al momento dell'unificazione nazionale, le manifatture torinesi, su un fabbisogno

complessivo di potenza pari a

2034

cavalli, ne ricavassero solo 267 dalla macchina a

vapore2.

Questa non era una caratteristica esclusiva di Torino; anche altre aree destinate ad

un futuro industriale importante si trovavano nelle stesse condizioni ed avevano gli

stessi problemi. Ma per Torino utilizzare l'acqua, e guardare con sufficienza alla mac–

china a vapore, diventerà quasi una sorta di civetteria, di modernità intesa alla rove–

scia, che caratterizzerà anche le prime fasi dell'industrializzazione vera e propria.

Tanto che, quando la Città, perso il rango di capitale, individuerà nello sviluppo delle

attività industriali la premessa di una sua possibile rinascita, non esiterà a investire la

cospicua somma di dieci milioni di lire «nell'opera grandiosa di derivazione di un

canale di acqua dal Po, per provvedere Torino di una considerevole forza motrice in

surrogazione del combustibile di costo molto più elevato»3. La costruzione del canale

della Ceronda -la più importante fra le infrastrutture realizzate dalla municipalità per

invogliare «gli industriali esteri e nazionali» a installare industrie sul territorio cittadi–

no - sarà appunto il simbolo della modernizzazione «alla torinese», che non esiterà a

relegare la macchina a vapore fra le anticaglie, uno strumento adatto alla ferrovia , ma

del quale nelle officine sarà opportuno sbarazzarsi al più presto. Così, almeno, la pen-

l

MODESTE PAROLETII,

Turin et ses curiosités

[...

l,

Torino, Reycend

&

Comp., 1819, pp. 339-340.

2

LUIGI

BULFERETTI e

RAIMONDO LURAGH1,

Agricoltu–

ra, industria e commercio in Piemonte dal

1814

al 1848,

Torino, Comitato

di

Torino dell'Istituto per la Storia del

Risorgimento Italiano, 1966, p. 103.

J

MUNICIPIO

DI

TORINO,

Appello diretto agli industria–

li esteri e nazionali,

20

ottobre 1865 (ARCHIVIO STORICO

DELLA CITTA

DI

TORINO, d'ora in poi ASCT,

Miscellanea

Agricoltura Industria e Commercio,

n.

68).

23