

Vezzo e Damine,
Corte i Signori,
Gradite gli onori
he noi vi facciamo
Son questi soltanto
Quei lieti momenti ,
Che guadio e contenti
Gustar noi possiamo
La Dama gentile
Che spesso si vede,
Rinfresco se chiede,
e brama caffè,
Comanda; all'istante
Da noi vien servita,
Col guardo ci addita
TI prezzo dov'è:
Non altro a noi lice
Che pronta ubbidienza;
Rispetto , temenza
Son sempre con noi.
Chi giunge prescrive;
Noi pronti ubbidiamo;
Se tutti appaghiamo,
Si dica da voi.
Ma quando la fine
Dell'anno si appressa,
Modesta concessa
Ci vien libertà.
Allora ci è dato,
Coi candidi cuori,
Dei nostri
avventori
Lodar la bontà.
Signori gentili,
Damine garbate,
I voti accettate
Che sorgon dal cor
Di noi che modesti
Voi tutti apprezziamo,
E il nostro v'offriamo
Schiettissimo amor.
Dal Ciel su Voi scenda
Contento, diletto,
Dolcissimo affetto
Che cresca ogni di.
Scusate, Signori,
Se mal
ci
spieghiamo;
Ma noi non sappiamo
Far più di cosÌ.
Nel 1847 l'antico caffè delle Colonne venne ristrutturato e diventò
il
Nazionale,
con tre sale su via Po. Ma, poiché la via Po restava obliqua rispetto alle altre strade, le
case che vi si affacciavano avevano pianta trapezoidale e non rettangolare; a causa del–
l'ossessione tipicamente torinese per l'angolo retto , gli architetti si affannavano a
mascherare
il
difetto. Ecco come
il
Giuria giudicò
il
lavoro dell'ingegner Panizza
3 :
È
sorprendente che l'architetto abbia tratto cosÌ grande partito da un locale irregolare e abbia potu–
to far combi nare le aperture esterne irregolari con la regolarità dell'interno. Tutti gli ornamenti in
stucco sono opera d'Isella. Fra le colonne delle pareti sono piazzati grandi e superbi specchi d'un
effetto magico, soprattutto la sera. TI medaglione dipinto sulla volta è opera di Gonin; questo meda–
glione rappresenta tre Geni , uno tiene una coppa, l'altro una stecca di bigliardo, il terzo dei giornali.
Nelle sale appena ristrutturate dal Panizza ebbe luogo uno degli episodi più citati
dalle agiografie risorgimentali. La sera dell'8 febbraio 1848,
il
marchese Roberto d'A–
zeglio lesse agli avventori la bozza del proclama appena firmato da Carlo Alberto con
cui
il
re prometteva la costituzione. Tutti gli altri torinesi, meno fortunati, dovettero
attendere le 48 ore necessarie a stamparlo e ad affiggerlo sui muri della città.
Un altro avvenimento importante che in quello stesso anno ebbe come scenario un
caffè è citato da Bazzetta de Vemenia
4 :
«Fu in un piccolo caffè ignorato che nel mag–
gio del 1848 Felice Govean e Giovan Battista Bottero gettarono le basi della "Gazzetta
del Popolo" lottando contro i tipografi che non ammettevano la vendita del giornale a
un soldo». Secondo
il
Viriglio
il
«piccolo caffè ignorato» è
il
Madera.
li Madera che si trovava all'angolo di via Ospedale con via dei Conciatori (attuale
via Lagrange), era un esempio di quella pacifica coabitazione di persone di diversa
es trazione sociale che era tipica di molti caffè torinesi. «li caffè Madera», scrive ancora
Bazzetta de Vemenia
5 ,
«era un convegno di giuocatori che chiameremo professionisti,
e di lettori di giornali e di riviste che vi abbondavano. [' ..
J
Qualche apparizione vi
J
PIERRE GIURIA,
Guide historique, descriptif et artisti–
que de Turin, des ses envirom et des viltes le plus remar–
quables du Piémont,
Torino,
J.
B. Maggi, 1861.
4
INO BAZZETTA DE V EME lA,
I caffè storici d'Italia
da Torino a apoli,
Milano, Ceschina, 1939.
5 lbid.
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