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va di casa all'alba, entrava in un caffè, prendeva il tradizionale bicchierino, comprava

un quotidiano per conoscere le novità e fare un po' di politica e si recava al lavoro

negli uffici, nei fondachi, nelle officine. Prima di pranzo era d'obbligo il classico ver–

mouth e dopo pranzo, una breve passeggiata prima di riprendere il lavoro. Ma era alla

sera che, cessate le occupazioni, la città si animava. TI passeggio sotto i portici, in parti–

colare di via Po, si faceva elegante e vivace. Quando si faceva sentire la stanchezza, si

prendeva riposo nei caffè, dei quali ve ne erano di ogni sorta, caffè con e senza

restau–

rants,

caffè con e senza concerto, e il concerto poteva essere strumentale o anche voca–

le, caffè dove non si fumava e caffè dove si poteva anche fumare. Altri accorrevano

agli spettacoli teatrali, di cui v'era grande offerta, per tutti i gusti e per tutte le classi:

opere in musica, serie, buffe, semiserie; rappresentazioni drammatiche; giuochi del

circo ecc. Tutto questo nei mesi invernali: quando cominciava la bella stagione diven–

tava prepotente nei torinesi di tutte le classi il bisogno della campagna; con qualunque

mezzo, a piedi, sul somarello, in

cittadina,

cogli omnibus, si abbandonava la città e si

andava in collina alla ricerca del verde. Per chi non poteva permetterselo, c'era sempre

a portata di mano un pergolato, in riva al Po o alla Dora Riparia, una trattoria Dei

Pesci Vivi, come quella che gestiva il padre del grande tenore Francesco Tamagno, con

la bilancia che veniva periodicamente calata in acqua per tirar su i pesciolini da frigge–

re sul momento e da servire, con l'immancabile mezzo litro, su un tavolo di legno con

un cartoccio di carta da pane per assorbire l'unto residuo. Sempre ritorna, nella

descrizione della vita torinese, quell'intreccio di operosa alacrità e di piacere di vivere.

Scrivono Stefani e Mondo nella loro guida

9 :

La prima impressione morale che riceve chi visita Torino è quella delle tranquille abitudini dei suoi

abitanti: essi percorrono durante le ore dd giorno numerosi e affaccendati le vie della capitale non

mostrando di avere altro interesse che quello dei propri negozi.

Lafltinerie

non fa breccia a Torino.

Durante il giorno non si passeggia, si cammina. Ma la sera è cosa affatto diversa. Si può dire che in

quell'ora la città muta d'aspetto. Una delle abitudini più care ai torinesi è quella della passeggiata: la

passeggiata dopo gli affari è per essi una necessità, una misura d'igiene. Ristretti in generale, anche

la gente agiata, ad abitare in case poco spaziose, e i meno agiati in quarti o quinti piani o in soffitta,

sentono bisogno irresistibile di aria e di moto. Nelle ore della sera, sia inverno sia estate, si può dire

che tutta Torino si versi nelle sue vie, nelle piazze, nei pubblici passeggi, dentro e fuori della città, a

cercare un 'atmosfera più libera e salutare. Nell'inverno il passeggio prediletto è da piazza Castello,

lungo i portici, sino alla riva dd Po: nell'estate al mattino, specialmente nei festivi, nd giardino reale;

la sera nei giardini pubblici detti de' Ripari, eretti sugli avanzi degli antichi bastioni, che guardano la

parte nuova della città, [l'attuale piazza Cavour,

nda]

luogo grato per liete verzure, per ameni viali e

per singolare amenità di prospetti. Nd mezzo al verde degli alberi sorge un magnifico caffè, foggiato

a rotonda, frequentatissimo dai passeggianti.

li

viale dd Re [l'attuale corso Vittorio Emanude,

mia]

offre un sito acconcio ad uno scdto e numeroso corteo di carrozze; mentre i suoi lati presentano un

piacevole convegno ai cittadini pedestri.

L..]

Molti sono i caffè in Torino ed alcuni assai magnifici e

provveduti in gran copia di giornali. Arredati con lusso straordinario, messi ad oro, a stucchi, a

specchi grandissimi, a pitture; sono assai frequentati in tutte le ore dd giorno e da tutte le classi di

persone.

li

bicchierino è la bibita prediletta della mattina: ministri, magistrati, professori, negozianti,

fattorini, crestaie, venditori e venditrici ambulanti, campagnoli, tutti spendono volentieri i loro tre

soldi per rifocillarsi economicamente lo stomaco. [.. .] Alle ore undici di sera i caffè e le osterie chiu–

dono, le contrade restano pressoché deserte. L'estate si protraggono un po' di più, ma in generale il

torinese ama di coricarsi per tempo ed è mattiniero al lavoro.

Quasi tutte le guide inoltre contengono elenchi dettagliati di alberghi, locande,

caffè, trattorie, osterie, divise per generi e ordine.

Davide Bertolotti nella

Descrizione di Torino

del 1840, edita da Giuseppe Pomba,

antenato della

UTET

IO,

elenca, nel capitolo

Teatro, dialetto, usi e costumi,

75 alberghi,

159 osterie, 21 cantine, ovvero «mescite di vino, per lo più sotterra», 21 trattorie, 98

caffettieri, 30 liquoristi, «ossia venditori di rosolj», 15 venditori di sola birra, 42 vendi-

9 G UGLIELMO STEFA I E DoMENICO

Ma

DO,

Torino

e suoi dintorni,

Torino, Carlo Schiepatti, 1852.

IO D AVIDE BERTOLOrn ,

Descrizione di Torino,

Torino,

G.

Pomba, 1840.

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