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tili» nei quali si trebbiava il grano e si esponevano legumi, fieno e pa-

glia al sole prima di immagazzinarli. Tali aree, con ogni probabilità, fu-

rono quindi assai presto affiancate da costruzioni rustiche destinate ad

accogliere provvisoriamente o definitivamente il fieno e la paglia, che il

pericolo di incendi sconsigliava di introdurre nei centri abitati agglo-

merati, per quanto fossero indispensabili al mantenimento dei numero-

si animali domestici viventi con gli uomini. A Torino solo eccezional-

mente si parla di un «ayrale cum muris» lasciando così intendere che,

di solito, essi non fossero costruiti in muratura. Dobbiamo perciò raffi-

gurarci ogni

airale

o

curtile

corredato da tettoie di legno coperte di pa-

glia, nelle quali si potevano ospitare anche animali, in modo non diver-

so da quanto avveniva nelle adiacenze degli abitati rurali

277

.

Gli estimi torinesi confermano che l’addensamento degli «airali» at-

torno alle mura rimane costante negli ultimi due secoli dell’età medie-

vale: nel 1349, infatti, «soprattutto in prossimità delle porte» gli spazi

suburbani sono occupati da «orti, sedimi, airali e cortili», spesso situa-

ti «a ridosso dei fossati» che circondano la città. Situazione da ritener-

si consueta poiché essa si riscontra, ad esempio, anche nella vicina Chie-

ri dove gli statuti del 1313 prevedono appunto l’esistenza di airali, orti

e sedimi «iusta fossatum cirche»

278

. Nemmeno il periodo di grave insi-

curezza (contraddistinto da continue scorrerie distruttrici, che infieri-

rono particolarmente nei decenni fra Trecento e Quattrocento) riuscì a

sradicare gli airali extramuranei, evidentemente indispensabili per la vi-

ta cittadina. Si giunse anzi a progettarne la fortificazione, come avvie-

ne per l’airale «cum tectis, domunculis et viridario» che il notaio Gio-

vanni Papa possedeva fuori della Porta Marmorea

279

.

Sin dal

xii

secolo, come si è visto

280

, era nondimeno viva la tenden-

za a distribuire gli edifici rustici, e forse anche abitativi, nello spazio

agrario circostante alla città sempre più lontano dalle mura; in questo

senso le aziende fortificate che abbiamo esaminato possono davvero dir-

si le avanguardie e i punti fermi di una tendenza largamente attestata

nel corso del

xiv

secolo, anche se non risulta certo facile stabilirne con

precisione il grado di diffusione, né – stante l’ambiguità delle defini-

zioni contenute nelle fonti – avere un’idea chiara e univoca delle loro

La città e il suo territorio

91

277

Cfr. sopra, p. 59, testo corrispondente alla nota 155 (airali a Drosso); p. 63, testo corri-

spondente alle note 161-62 (airali a Lucento), con la bibliografia ivi citata.

278

Cfr.

pascale

,

Fisionomia territoriale

cit., p. 244 e, per Chieri, BSSS, 76/2, p. 51.

279

ASCT, Nuova 1415, c. 1

v

, e

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit

.

, p. 107. Sulla grave crisi

della sicurezza fra

xiv

e

xv

secolo,

ibid

., pp. 72-73, 90-91, 100-101 e

passim

.

280

Cfr. sopra, p. 89, testo corrispondente alla nota 270.