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92

Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

strutture

281

, e neppure conoscere se si trattasse o no di edifici almeno

provvisoriamente abitati.

Gli statuti del 1363 prevedono pene per coloro che appicchino il fuo-

co, oltre che in città e nei sobborghi, anche genericamente «in circuitu

civitatis in domibus seu tectis»

282

. Non si doveva trattare di indicazioni

puramente teoriche poiché nel 1349 la chiesa di San Dalmazzo appare

in possesso di due

domus

, una «in via Pelizoni», nella seconda

finis

ca-

tastale, e l’altra addirittura oltre la Stura «in Cortacia». A sua volta il

capitolo della cattedrale possedeva case «in pratis Saxiarum» e «per viam

Doasii», cioè in zone decisamente periferiche a oriente e a mezzogior-

no del territorio cittadino. Cinquant’anni dopo è attestata la presenza

di

domus

«per viam Fossati longi», in mezzo ai prati lungo la sponda si-

nistra del Po

283

.

Rispetto a tali singole

domus

, probabilmente isolate, appare come

azienda rustica suburbana un poco più complessa il «clausum Rossi-

gnolii» posseduto nel 1365 da Vieto Beccuti sulla riva destra della Do-

ra «in fine Valledoch»: 60 giornate di terre e 3 di prato «asciutto» «cum

ayra, tecto et domo simultenentibus et contiguis»

284

. Il termine

clau-

sum

indica qui, dunque, un complesso costituito da casa e «tetto», pro-

babilmente recintati, anche se privi di ogni elemento difensivo. Esso

costituiva un esempio delle

clausure

di cui gli statuti prevedono l’esi-

stenza «in civitate vel extra»

285

. Si trattava però di un modello senza

futuro: le terre che facevano capo al «clausum Rossignolii» risultano

nel 1414 ormai divise fra gli eredi e là dove, sino a qualche tempo pri-

ma, sopravviveva ancora una

domuncula

, non era rimasto più alcun edi-

ficio

286

, né pare che in seguito siano avvenute ricostruzioni.

Maggiore fortuna ebbero i

tecta

, inizialmente semplici tettoie per de-

posito e poi edifici in muratura equivalenti di fatto a una

domus

, sorti

da tentativi di appoderamento in atto, come si è visto, sin dagli ultimi

decenni del

xii

secolo

287

. Due di essi sono attestati a metà del

xiv

seco-

281

Si vedano le definizioni tentate da

benedetto

,

Forme dinamiche del paesaggio rurale

cit.,

pp. 262-65.

282

BSSS, 138/1, p. 97.

283

Rispettivamente:

s. artusio ferrari sacco

,

Gli enti ecclesiastici e i loro patrimoni nella to-

pografia del territorio torinese sulla base di alcuni catasti del

xiv

secolo

, dattiloscritto presso il Dipar-

timento di Storia dell’Università di Torino, II, pp. 168 (2), 180 (1), 204 (1) e (2);

carmine

,

Ac-

certamenti demografici

cit., II (1415), p. 795.

284

ASCT, Nuova 1363, c. 58

v

.

285

BSSS, 138/1, p. 69.

286

ASCT, Pust. 1415, cc. 2

v

, 63

v

: terra «ad Clausum Resignolii […] in qua erat quadam do-

muncula».

287

Sulla struttura cfr.

benedetto

,

Forme e dinamiche del paesaggio rurale

cit., pp. 262-63. Per

i più antichi tentativi di appoderamento, cfr. sopra, p. 89, testo corrispondente alla nota 270.