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che si esigeva per la macinazione di ogni staio di grano, e non liberava

l’immigrato dall’obbligo della milizia

6

.

Particolarmente ben vista e, di conseguenza, incentivata era l’immi-

grazione della piccola nobiltà locale dei dintorni di Torino, di giurispe-

riti e notai e di uomini d’affari. Il 25 agosto 1297, per esempio, il

do-

minus

Pietro di Castiglione [Torinese] e il figlio Bertino giurarono fe-

deltà a Filippo di Savoia e «perpetuale habitaculum» in Torino, dando

in pegno al comune fino a un valore di 100 lire una loro casa in città nel-

la parrocchia di San Simone e ottenendone in cambio un’esenzione ven-

ticinquennale da ogni imposizione reale o personale, fatti salvi eserciti

e cavalcate. Ad essi sarebbe stato tenuto soltanto Bertino, perché Pie-

tro era vassallo del marchese di Monferrato e intendeva mantenere fe-

de ai propri impegni nei suoi confronti. Otto anni prima Galeotto e Iva-

no,

domini

di Castelnuovo, diventando

habitatores

di Torino, avevano

ottenuto un’esenzione simile di durata ventennale

7

. In una riunione del-

la credenza tenutasi il 19 agosto 1296 ottennero invece un’esenzione

ventennale dagli oneri cittadini e il titolo perpetuo di

cives

di Torino il

nobilis vir

e

dominus

Francesco de Carali di Cremona, giurisperito, i fi-

gli Giuliano, Guicciardino, che nel 1298 risulta essere notaio, Giovan-

nino e Ruffinetto. Mercanti e casanieri erano invece i fratelli Ruffino,

Bartolomeo, Vincenzo e Filippino «de Platea», figli del fu Giovanni,

originari di Asti, che giurarono «abitacolo» in Torino il 6 novembre

1290 e, non avendo potuto osservare i patti di residenza essendo loro

necessario «pro eorum mercandiis et casanis in diversas partes ire et mer-

cari», li rinnovarono il 7 settembre 1298 stabilendo nuove clausole che

consentissero loro di spostarsi per affari fuori città come potevano fare

gli altri Torinesi.

Ben poco è possibile conoscere sulle attività economiche degli altri

habitatores

immigrati a Torino nel decennio 1289-98, ma il fatto che per

lo più essi investissero le cifre loro imposte per ottenere l’«abitacolo»

in acquisti di qualche appezzamento di terra induce a ritenere che si trat-

tasse per la maggior parte di piccoli proprietari fondiari o di agricoltori

L’economia

101

6

Sulla politica popolazionistica dei comuni piemontesi fra

xiii

e

xv

secolo:

r. comba

,

Meta-

morfosi di un paesaggio rurale. Uomini e luoghi del Piemonte sud-occidentale fra

x

e

xvi

secolo

, Tori-

no 1983, pp. 111 sgg. Per i secoli precedenti cfr. il recente lavoro di

f. panero

,

L’inurbamento

cit.,

pp. 410 sgg. Sul

denarius molendini

:

comba

,

Il principe, la città, i mulini. Finanze pubbliche e mac-

chine idrauliche a Torino nei secoli

xiv

e

xv

, in

g. bracco (

a cura di),

Acque, ruote e mulini a Tori-

no

, Torino 1988, p. 94. Sull’obbligo della milizia:

a. a. settia

,

«Sont inobediens et refusent servir»:

il principe e l’esercito nel Monferrato dell’età avignonese

, in

Piemonte medievale. Forme del potere e

della società. Studi per Giovanni Tabacco

, Torino 1985, pp. 85-121.

7

ASCT, Carte Sciolte, n. 8,

Liber pactionum

, f. 6

v

; cfr.

bizzarri

,

Studi di storia del diritto ita-

liano

cit., pp. 135 sgg.