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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

provenienti da località prossime a Torino (Chivasso, Piossasco, Setti-

mo, Sambuy, San Mauro, San Maurizio Canavese, Cordova, Chieri,

Montanaro) o di montanari originari di Cesana e Bardonecchia, nelle al-

te valli del Chisone e di Susa. Uno di essi, Giovanni de Sibiglona di San

Mauro, ottenne di poter introdurre annualmente a Torino, per uso pro-

prio e della propria famiglia, quattro carrate di vino prodotto in una vi-

gna di sua proprietà a San Mauro

8

.

Dopo l’ultimo decennio del

xiii

secolo le fonti torinesi non riporta-

no che scarsissime e casuali informazioni sugli immigrati per circa un

quarantennio, ma è indubbio che, almeno dalle Alpi, un certo numero

di montanari (

vitoni)

continuò a scendere per cercare lavoro in città. È

probabile che la documentazione relativa, raccolta e conservata a parte

come conferma l’esistenza stessa del

Liber

, sia andata perduta, anche

perché a negoziare i

pacta

con i nuovi

habitatores

continuava probabil-

mente a essere una speciale commissione nominata dalla credenza, i cui

atti non sono stati conservati. Dal gennaio 1339 le richieste e le auto-

rizzazioni a risiedere in Torino sono regolarmente verbalizzate negli

Or-

dinati

del consiglio comunale e suggeriscono quindi qualche riflessione.

Innanzitutto la consistenza del flusso immigratorio, pur avendo forse

subito qualche incremento, non sembra sostanzialmente mutata: su tre

anni per i quali è documentata fra il 1339 e il 1346, essa ancora oscilla,

in media, attorno alle tre richieste annue di persone desiderose di sta-

bilirsi in città o nel suo territorio.

Un’idea più precisa delle caratteristiche sociali e della provenienza

geografica degli immigrati nei decenni che precedono la peste nera è tut-

tavia fornita più che dagli

Ordinati

, dagli estimi degli anni 1349-50, do-

ve, a fronte di 597 registranti per i soli quartieri di Porta Pusterla, Por-

ta Doranea e Porta Marmorea, si raggiunge un totale di ben 115

habita-

tores

, corrispondenti a circa il 19 per cento dei contribuenti, alcuni dei

quali residenti in città da almeno un ventennio. Come già mezzo secolo

prima, spiccano in tale folto numero i nomi di alcuni

domini loci

dei din-

torni di Torino e di qualche uomo d’affari. Vi compaiono così Giacomo

e Antonio Pesce fu Antonio, nonché Bartolomeo Vagnone, tutti consi-

gnori di Trofarello, Antonio dei signori di Revigliasco con figli e nipoti,

8

L’attività notarile esercitata da Guicciardino de Carali è documentata in

ead.

,

Ricerche sul

diritto di cittadinanza

cit., p. 155, doc. 36. Sull’attenzione dei comuni italiani per «quei forestieri

che si raccomandavano per la disponibilità di capitali e per le loro capacità tecniche»:

g. pinto

,

La

politica demografica delle città

, in

r. comba

,

g. piccinni

e

g. pinto

(a cura di),

Strutture familiari, epi-

demie, migrazioni nell’Italia medievale

, Napoli, 1984, p. 34. Sui «de Platea» e sulla loro attività ca-

saniera:

l. castellani

,

Partecipazione politica e circolazione finanziaria. Il gruppo dirigente astigiano

(1270-1312)

, Tesi di dottorato, Torino 1995, pp. 180 sgg.